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我学意大利语:第三课(4)
日期:2011-07-01 01:58  点击:576

[1] I termini yin e yang appartengono alla tradizione più antica della cultura cinese. Probabilmente la loro nascita si deve all’osservazione empirica dell’alternanza dei fenomeni naturali: giorno e notte, caldo e freddo, positivo e negativo, maschile e femminile, ecc.

[2] Il Classico dei Mutamenti (易经), risalente circa all’epoca della dinastia Zhou Est (circa XI – VIII secolo a.C.), è il testo più antico (considerato come ispiratore dei pensieri di tutte le scuole antiche) in cui si tratta del dao e di Yin yang e del loro rapporto. Esso è uno dei tre grandi testi classici nel periodo del Preqin, insieme al Dao de jing (道德经) e al Zhuang zi (庄子), chiamati “Tre testi mistici” (San xuan三玄), che rappresentano la summa del pensiero filosofico dell’antica Cina.

[3] Cfr, Yi jing, Xu gua zhuan (易经 • 序卦传), a cura di Sun Zhensheng, ed. Wenhua Yishu, 1988 Beijing, pp. 568-569.

[4] Yi jing, Xi ci primo, cit., p. 490.

[5] La maggioranza degli studiosi cinesi e degli interpreti occidentali, soprattutto quelli influenzati dagli studiosi giapponesi (per esempio, Suzuki Daisetz-Teitaro, ecc.), ritengono che nel pensiero di Lao-Zhuang e della setta Chan o Zen del buddismo cinese, non si possa parlare in alcun modo del Tao o dello Stato ultimo, e rinnegano qualsiasi rapporto fra il Tao il linguaggio e la parola.

[6] Questi sono caratteristiche tipiche del linguaggio nel Dao de jing e Zhuang zi.

[7] Tale parola sarebbe “la parola grande” che si differenzia dalla “la parola piccola” trattata da Zhuang Zi nel suo libro. Cfr., Zhuangzi, Sull’eguanglianza di tutte le cose (Qi wu lun), libro 2. Il Senso del Dao potrebbe essere nascosto nella seconda, svelato nella prima.

[8] Questa esperienza potrebbe richiamare l’“esperienza originaria” trattata da Heinrich Ott nel suo libro Das Reden vom Unsagbaren: Die Frage nach Gott in Unserer Zeit, Kreuz Verlag 1978, pp. 45-63. (Edizione cinese tradotta da Lin Ke, in Critica della cultura critiana (基督教文化评论), n. 1, (1990), p. 186.

[9] Secondo la ricerca di Zhang Xianglong si può dire “che già dall’epoca di Zhou Ovest (circa1066 a.C. – 771 a.C.), la parola Dao ebbe il significato di “parlare”, come è poi mostrato anche nel libro Lao zi e Zhuang zi”.

[10] Dao de jing, capitolo 16. Il silenzio estremo non è vuoto e niente, ma è pieno delle meraviglie, perché solo in tale silenzio si ha la possibilità di sentire il “grande tono senza voce” che il Dao parla. Questo vuol dire: “Il vero Vuoto è l’Essere meraviglioso”.

[11] Ibid., cap. 41.

[12] Heidegger M., In cammino verso il linguaggio, a cura di Alberto Caracciolo, ed. Mursia, Milano 1973, p. 200). Il metodo ermeneutico heideggeriano ci può aiutare molto nella ricerca della visione del linguaggio nel pensiero di Lao Zi. Grazie ad esso possiamo sviluppare di più il senso del parlare e della parola del Tao, senso già noto in epoca antica cinese, ma mai sviluppato. Questo è un punto molto importante nella prospettiva dello sviluppo del pensiero del Dao in Dao de jing e rende possibile e più profondo il dialogo fra Dao e Logos.

[13] La parola Inizio (shi始) nella lingua antica cinese significa “l’inizio di donna”, vale a dire “bambina” o “ragazza”, cfr., Shuowen jiezi, cit., p. 617. Secondo la maggioranza dei studiosi, perciò, l’Inizio è un termine più originario del termine Madre. Cioè, il Nulla sarebbe più originario dell’Essere.

[14] Yi jing, Xi ci shang, cit., p. 490.

[15] MOU Zongsan, Natura fisica e ragione speculativa (才性与玄理),ed. Xuesheng, Taipei 1975, p. 136.

[16] È un proverbio buddista per indicare che il Nulla non è il niente o il vuoto negativo, ma lo stato supremo d’animo (come il Nirvana) pieno delle Meraviglie.

[17] Zhuang Zi, La scuola del primo principio, libro 6.

[18] Solo con l’esperienza profonda descritta nel cap. 16 (“raggiungi il vuoto estremo e conserva una rigorosa tranquillità… Tornare alla propria radice si chiama la tranquillità; ciò vuol dire tornare al proprio destino. Tornare al proprio destino è l’eterno. Conoscere l’eterno è essere illuminato”) si potrebbe avere la possibilità di intuire l’esperienza del Nulla.

 


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