Sostiene ancora il pentito Lo Verso che «Provenzano mi ha in parte confermato le stese notizie che avevo avuto da Mandalà». Il padrino corleonese, riferisce l'ex mafioso, gli parlò pure «di rapporti con la politica e le istituzioni». La prima volta lo fece nel gennaio 2004: «Mi rivelò la sua identità confermando i sospetti che io nel mio intimo avevo già cominciato a nutrire. Notando l'evidente mio timore, dovuto al fatto che tenevo in casa un latitante di quella importanza, il Provenzano mi tranquillizzò dicendomi "stai tranquillo, sono protetto dai politici e dalle autorità. Non ti preoccupare, a me non mi cerca nessuno"». A proposito di protezioni, l'ex superlatitante consegnò al pentito una delle sue massime: «Meglio uno sbirro amico che un amico sbirro». Come dire che le connivenze coltivate nelle istituzioni sono più convenienti di «uomini d'onore» pronti a fare la spia.
Provenzano parlò a Lo Verso pure di Cuffaro: «Deve mantenere gli accordi, Nicola Mandalà lo sa», mentre su Saverio Romano il pentito aggiunge le confidenze dell'ex «re della Sanità privata» Michele Aiello, condannato per mafia: «Si lamentava del Borzacchelli (ex deputato regionale udc, ndr ) definendolo "la mia rovina", e attribuiva la responsabilità dell'ascesa del Borzacchelli a Saverio Romano che, mi disse, "voleva a tutti i costi che fossero eletti Borzacchelli e il candidato di Mandalà, Piero Acanto". Proprio per questo il Romano aveva creato la lista Biancofiore». E riferisce che a confermare ciò che dell'attuale ministro gli disse il boss Mandalà fu anche Vincenzo Paparopoli, un altro «favoreggiatore» di Provenzano: «Commentando le dichiarazioni di Francesco Campanella disse che erano veritiere, e che i contatti tra la famiglia mafiosa di Villabate e l'onorevole Romano erano intermediati da Nino Bruno, cugino di Nicola Rizzo».