LA VITTIMA - Ex capo mandamento della cosca di Santa Maria Di Gesù, Calascibetta era stato condannato a dieci anni di reclusione per la strage in cui fu ucciso il giudice Paolo Borsellino. L'omicidio, certamente un delitto di mafia, segue di qualche giorno la svolta nelle indagini su via d'Amelio. La Procura di Caltanissetta ha infatti recentemente chiesto la revisione di uno dei processi celebrati sulla strage: quello a cui aveva contribuito il pentito, rivelatosi poi falso, Vincenzo Scarantino. E proprio Scarantino era stato uno degli accusatori di Calascibetta nella cui villa, durante un summit di mafia, il boss Totò Riina avrebbe comunicato a Cosa nostra la decisione di assassinare il giudice Borsellino. Alla riunione segreta, che si sarebbe svolta i primi di luglio del '92, avrebbe partecipato il gotha della mafia: Riina, Pietro Aglieri, Carlo Greco, Francesco Tagliavia, Giuseppe Graviano, Giuseppe La Mattina, Salvatore Biondino, i fratelli Natale ed Antonino Gambino, Cosimo Vernengo e, raccontò Scarantino, altri 4 o 5 boss dei quali non gli furono precisate le generalità. Calascibetta, incastrato da quelle accuse, fu sottoposto a un drammatico confronto con Scarantino. Scarcerato tre anni fa dopo avere scontato la pena, era sottoposto alla sorveglianza speciale, una misura che comporta come sanzione accessoria la sospensione della patente. Per questo, per spostarsi, usava una microcar, la stessa dove è stato trovato morto, con il volto maciullato da un proiettile esploso a pochi centimetri da un orecchio, secondo un noto rituale mafioso.