In un limpido raggio di luna che penetra nella foresta, sotto i grandi alberi dove si è addormentato il canto degli uccelli, mentre mille insetti notturni frusciano dolcemente, sovra un prato di erbe e di fiori, dorme Titania la bionda, regina delle fate. Bianca, tenue, quasi vaporosa, nella sua veste che pare di argento, velati i begli occhi azzurri da le sottili palpebre, Titania la bionda giace, sui fiori, tutta molle del chiaror lunare che pare tessa una trama scintillante intorno al candido viso e alla leggiadra persona. La foresta manda sospiri e profumi; poco lontano è Atene. Oberon, marito di Titania, marito tenero e dispettoso, malcontento che Titania si sia rifiutata a un suo lieve capriccio, decide di infliggerle una singolare punizione. Egli distilla sugli occhi di Titania dormiente un succo possente, un magico filtro: per esso, risvegliandosi, Titania amerà follemente il primo essere che incontreranno i suoi occhi, quale che sia questo essere, bello o brutto, elegante o triviale, intelligente o stupido: per questo filtro mirabile, la prima persona che apparirà a Titania la bionda, le sembrerà dotata di una bellezza sovrumana, e ogni suo atto, il più volgare, ogni sua parola, la più semplice, saranno per Titania una musica soave, un gesto incantevole. Titania la bionda si risveglia, come trasognata: e innanzi ai suoi occhi appare Bottom, un tessitore, un grosso bestione, che si è smarrito nella foresta, dove, coi compagni, artieri ateniesi, veniva a concertare una commedia, visto che questa povera gente, oltre a tirar la spola, a menar la pialla e a battere il ferro sull'incudine, si industriava anche a recitare, per guadagnar qualche soldo, sopra un teatrino di tavole. Bottom, fra costoro, è il più goffo: brutto, stupido, con grosse orecchie asinine, egli resta anche più imbecillito di fronte a Titania la bionda, la esile e lieve regina delle fate, innamorata di lui. La malìa di Oberon agisce, e la creatura che danza la notte sui prati, fra il coro delle sue ninfe, la creatura che beve la rugiada nel calice di un fiore, abbraccia il grosso bestione, rivolgendogli le più appassionate parole, e gli carezza le orecchie asinine amorosamente. Bottom è stato trasformato dal filtro miracoloso: tutto quello che gli manca, il filtro glielo dà: la sua goffaggine, il suo cretinismo, la sua bruttezza, colorite dagli occhi di Titania in cui il filtro agisce, prendono la parvenza della grazia, della bellezza, della seduzione; e tutta la foresta con i suoi fiori, i suoi profumi, le sue musiche arcane, s'inchina a colui che divenne il signore della sua regina: e le ninfe e i folletti e Titania istessa, trasvolante nel bosco come un'ombra leggiera, s'inchinano a colui che l'incanto fece bello come un dio!
Volle il divino Guglielmo Shakespeare, nel suo Sogno d'una notte d'estate, in questo magico succo che veste dei colori più maliosi una persona plebea e deforme, adombrare un simbolo amoroso ed umano? Chi sa! Egli volle tutto, io credo: e tutto espresse, tutto raffigurò, tutto personificò e, ancora per centinaia di anni, migliaia di lettori e migliaia di spettatori troveranno in lui cose nuove, cose grandi, cose profonde, cose impensate e meravigliose. Abbia o non abbia simboleggiato il sublime accecamento della donna innanzi all'oggetto amato, noi coi nostri occhi mortali vediamo in Titania il cuore umano, in Bottom la vita, e nel magico filtro che tutto trasforma, il potere sconfinato dell'immaginazione. La vita è grossolana, è mediocre, è laida; ma basta che gli occhi di chi la guarda sieno stati bagnati da quel misterioso elisir che è la fantasia, perchè la vita muti tutto il suo aspetto, perchè essa possa parer diversa da quello che è, un'altra cosa, un'altra figura, un'altra immagine, qualche cosa che attrae, che conquide, che avvince. La vita è rude, è gretta, è crudele; ma se colui che la subisce ha in sè il segreto filtro che Oberon distillò a Titania dormiente, tutto sarà singolarmente mutato in bene, e Bottom, ancora una volta, farà delirare la creatura gentile. Questa possente forza di trasformazione agisce in noi così mirabilmente che, si può dire, la vita intorno sia quella che noi facciamo con la nostra fantasia e non già quella che è nella sua essenza così grama, così bassa. La fantasia, in noi, diventa un artista creatore, dotato d'un tal sublime potere di creare, che da un vile fango trae la statua, la persona, il monumento, la città, il mondo. Plasmatrice inarrivabile, la fantasia, in noi e fuor di noi, non muta solo il volto delle persone che amiamo, non cambia per noi solo l'aspetto esteriore degli uomini e delle cose, ma ne trasforma lo spirito e l'anima, ma trasforma il corso degli avvenimenti e vince il Destino!
Quale uomo potrebbe continuare a vivere, se la sua immaginazione non rifacesse intorno a sè la vita? Quale donna consentirebbe a vivere, se la sua immaginazione non le nascondesse le laidezze ond'è cosparsa la esistenza e non le infondesse il coraggio di esistere? Sublime potere della fantasia! Per essa, il povero lavoratore che passerà i suoi anni fra la fatica e gli stenti, lasciando di travagliare solo per morire, si creerà del suo lavoro e delle sue privazioni un dovere colorito di tutte le lusinghe di un nobile sacrificio; per essa, il povero impiegato che trascina la sua vita fra aride e mal compensate umili funzioni, vedrà il suo lungo cammino trasformato dal sogno in pace famigliare, coi figli benedicenti alla bontà segreta e costante del padre; per essa, la povera donna mal maritata, sofferente sotto un giogo che la ragione le mostrerebbe assurdo, ma che la fantasia le trasforma in un poetico dovere di onestà e di fedeltà, potrà compiere il suo triste viaggio senza errare, col cuore solitario, ma racconsolato; per essa l'uomo, che sentì mancare in sè e attorno a sè le forze e le occasioni che lo dovevano condurre a una meta agognata, sentirà meno velenose, meno pesanti le delusioni di chi sbagliò la sua strada; per essa la fanciulla che amò invano, che non fu amata, che vede [27]tolta a sè la miglior parte della vita muliebre, cioè l'amore, cerca altri moti più altruistici e più caritatevoli, di espandere l'ardore non corrisposto del suo cuore; per essa, pel prodigioso potere della fantasia, tutte le esistenze misere, senza conforti materiali, senza conforti morali, — sono innumerevoli, ahimè, queste esistenze, — sopportano quietamente la loro desolazione e quasi ne traggono origine di serenità e di felicità. Sui nostri chiusi occhi, nel sonno, Oberon gitta la sua arcana malìa; e l'anima nostra, trasportata dall'azione bizzarra del filtro, non si cura della congerie di tristezze disseminate lungo il corso degli anni, e trova in sè la energia della lotta e della vittoria. Senza fantasia, chi potrebbe amare la vita dove è l'immondo contatto degli sciocchi e dei perversi, dove s'agitano le passioni più odiose e più nauseanti, dove la mancanza di fede, il tradimento, l'abbandono colpiscono le anime più degne, dove sono tutte le caducità e tutti gli errori? Chi, senza fantasia, potrebbe subire l'insulto dei potenti, l'indifferenza della folla, la ingratitudine degli amici? Chi, senza fantasia, potrebbe veder morire in sè ogni speranza e fuori di sè ogni desiderio? Chi, senza fantasia, potrebbe patire, sacrificarsi, vivere di abnegazione e di abnegazione morire?