E felici, invidiabilmente felici, coloro in cui la fantasia assurge alla costante forma del sogno. Temperamenti caldi e, talvolta, delicatissimi: caratteri pieni di passione irrompente e, spesso impacciati e taciturni: anime piene di poesia e, per lo più, inabili a esprimere quello che è la loro ricchezza spirituale: fibre spesso molto gracili, ma che appariscono sostenute da una fiamma interiore: parvenze di uomini, di donne, spesso molto semplici, spesso molto austere, spesso inascoltate in ogni loro grido di gioia e di dolore: cuori dove prende origine, dall'amore, dalla malinconia, dalla tristezza, dalle lagrime che non sgorgano, il sogno, il sogno che trasporta, che trascina, che travolge: costoro, tutti costoro, per gli occhi che leggono oltre le chiuse fronti, portano il suggello di un dono speciale, prezioso, che fu loro concesso dal Signore. Non è necessario, perchè questa nobilissima facoltà del sogno si esplichi, che la mente sia dotata di grande intelligenza: non è necessario che il cuore sia saturo di sentimenti eroici: non è necessario che il carattere possieda qualità vigorose e combattive: no, perchè si possa vivere sognando e sognando morire, non si deve essere nè un grand'uomo, nè una grande donna, nè un artista trionfale, nè uno scienziato mondiale. No! La madre che, nella casa solitaria, ogni sera culla il suo bambino, e quando egli si addormenta, si curva, lo benedice e resta immota a guardarlo, mentre l'ora passa ed egli non se ne accorge, è trasportata da un sogno di amore e di orgoglio nel quale suo figlio le appare già grande, florido, bello, dolce, sereno, amato, stimato, ammirato: il villano che si ferma, un minuto, guardando il campo che egli ha seminato con la buona semente, è trasportato dal sogno del futuro pane che la Terra gli darà, fecondata dal suo lavoro: l'operaio che ribadì i chiodi sulle tavole robuste della nave che andrà via, lontano, sui mari, sente nella ingenua anima il sogno di questa forza che egli crea, umilmente e oscuramente, e nel giorno del suo varo, convulsamente, l'operaio piange, di gioja, di tenerezza, vedendola, come nel suo sogno, partire! E cento e mille altri, nelle case borghesi, nei tuguri, nei palazzi, sui monti e sulle pianure, nelle popolose città, nei centri solinghi di provincia, nei piccoli borghi perduti nella campagna, sognano ad occhi parti un sogno piccolo o grande, un sogno di gloria o di benessere, un sogno di odio o di amore, un sogno di bontà, un sogno di rassegnazione, un sogno di pietà. L'uomo che passa accanto a voi nella via, e che trascorre, quasi senza vedervi, porta in sè un sogno che vi è ignoto: la pallida donna che solleva la portiera pesante di una chiesa e s'inginocchia innanzi alla immagine di Maria, porta in sè un sogno di dolore, forse, e forse di pentimento: il gentiluomo che s'inchina, cortese, squisito, innanzi a una donna, e pare galante e spensierato, sogna, forse, un sogno di gelosia e di furore: la dama che si covre di brillanti e appare fulgida nella festa dove trionfa il piacere, nasconde forse nell'anima un sogno di pace, di solitudine, di silenzio, inaccessibile: il banchiere gajo e vittorioso che vi stringe la mano sorridendo e sparisce, sogna, forse, il distacco da questo vecchio povero mondo europeo dove niuno fa più fortuna, dove tutti impoveriscono: la fanciulla che tace e pensa, quando intorno a lei si narrano i fasti dalle grandi nozze, sogna, forse e senza forse, l'altare che la vedrà inginocchiata nella candida veste, mentre ella quasi si curva sulla visione, per scorgere il viso del misterioso sposo che non le è apparso ancora: la donna che legge, nelle pagine di un romanzo, nelle cronache di un giornale, l'urto terribile o truce della passione amorosa, abbandona il libro, il foglio sulle ginocchia, e sogna quello che non le fu, che non le sarà mai concesso, vivere e perire per un amore.
Oh potenza evocatrice del sogno, in chi sa sognare! Basta aprire un cassetto già chiuso da anni e guardare l'indirizzo di una lettera, per rivedere, sì, per rivedere come se fossero vivi, i cari occhi materni che mai seppero guardarvi senza dolcezza: basta contemplare un fascio di fiori campestri, per sognare il grande silenzio delle vaste distese solinghe, sotto il cielo stellato, nelle notti di estate: basta odorare un noto profumo per vedersi apparire innanzi un volto sfiorato dal dolore, che già, da molti anni, sparve dal mondo, e le cui treccie nere odoravano di quel profumo: basta udire il fischio di un treno che passa, per creare il sogno di una fuga: fuga interminabile, chi sa dove, chi sa quando, in un paese che non si è mai visto, che esiste, forse, solo nel sogno: basta il verso nostalgico e disperato di un poeta per creare un sogno di dolore e di disperazione. Potenza creatrice del sogno! Forme, linee, espressioni mai scorte, che non si scorgeranno mai: voci, parole, musiche che le nostre orecchie di carne non udiranno mai: emozioni, voluttà, ebbrezze che le nostre fibre terrene non saprebbero sopportare: alte felicità e alte sciagure, più grandi di ogni avvenimento estremo: improvvise ricchezze, improvvisi trionfi, improvvise glorie che non ci saranno mai date: tutta un'altra vita e mille vite, insieme ardenti, vibranti, tumultuanti, conducenti all'apogeo di ogni sensazione e di ogni sentimento. O fortunati coloro in cui il sogno tanto opera! Il sogno distende fra i sognatori [37]e la vita come un velario, come una nuvola, e il fortunato essere si avanza in questa specie di custodia immateriale, in quest'atmosfera spirituale isolante; e fra i veli del suo sogno, fra la bianca nuvola che lo avvolge, nella solitudine che lo assorbe, il fortunato può abbandonarsi alla sua profonda e cara visione, può come Issione struggersi di amore, di dolore, di folle ardore, senza che nulla di quanto esiste, nella verità, lo strappi al suo sentimentale delirio!
Assai, assai più invidiabili coloro in cui, quale leva magnetica, il sogno diventa operoso. Può, spesso, la società positiva non saper risparmiare a questi sognatori il suo disprezzo; ma nella [38]intimità del suo spirito, la società positiva invidia loro questa forza capace di sollevare le montagne; ma la vita e la morte di questi sognatori operosi finisce per istrappare un lungo grido di rimpianto e di ammirazione persino in coloro che li derisero. Che importa poi ai sognatori operosi la derisione, il sogghigno, la beffarda incredulità? Coloro cui fu data questa suprema risorsa dell'intelligenza e del sentimento, coloro che portano in sè questo divino segreto, sono coverti di uno scudo fatato, scintillante, simile a quello su cui si spezzò la lancia di Telramondo senza giungere al petto di Lohengrin. Ogni anno, centinaja di deboli donne, soggette a tutte le fralezze del sesso, entrano negli ordini religiosi militanti, e partono per le scuole, per gli ospedali, pei campi di battaglia, per le missioni nei paesi più inospiti e più selvaggi: e prese dal loro sogno di fede e di carità, esse combattono, decimate dalle malattie, dalle fatiche, dai climi perversi, dagli uomini perversi, e dove dieci sono cadute, venti, cento ne arrivano; e questa catena di nobilissime sognatrici giammai s'infrange, continuamente si prolunga. Ogni anno centinaja di giovani, di uomini maturi, di vecchi, entrano nei gabinetti della scienza e si curvano a interrogare tutti i misteri della natura e della vita, e impallidiscono sopra il microscopio, e perdono i loro occhi, la [40]loro salute, semplicemente per portare un piccolo contributo alla verità; e spesso intiere esistenze si consumano, così, ignorate; e spesso i loro sforzi nulla raggiungono; e spesso la lotta è così inane, così acre, così tormentosa che essa li uccide, in pieno sogno di passione scientifica. Ma dove tanti perirono, altri, altri portanti nella mente questa visione fulgida, vengono ancora, lottatori accaniti, lottatori indomati, sino a che, un giorno glorioso, il sogno di tutti loro sia compiuto da un solo e la umanità possa dire di aver vinto, ancora una volta, il morbo e la morte. Ogni anno, ogni anno, in cento anime si svolge il sogno di viaggi in regioni non ancora percorse da piede [41]d'uomo civilizzato: il grande sogno nordico, fra le nevi eterne del polo, fra le immortali bianchezze dove i giorni senza sole succedono alle albe livide e muojono nelle candide notti spettrali; e il sogno dell'Africa, sotto quella Croce del Sud che tanti occhi ansiosi interrogarono nelle notti di marcia, e che parve loro la mistica stella che condusse i Re nella peregrinazione verso Soria, questi due sogni immensi e profondi, affascinanti e travolgenti, tolgono alle ricchezze, agli agi, alla patria, alle famiglie, cuori ed anime di sognatori sublimi. Invano essi languiscono di sonno, di fame, di malattia, fra i ghiacci che fanno scricchiolare la nave prigioniera: invano dieci, dodici muojono colà nel settentrionale estremo vedovo sito di silenzio e di gelo. Altri vi saranno che andranno, vinti dal sogno, a immolarsi, a cadere. Invano, la terra d'Africa si copre dei più nobili cadaveri di soldati, di marinai, di scienziati, di scrittori, di principi, di avventurosi: invano, ogni giorno, è la notizia di una nuova tragedia. Altri ancora, dalla Francia, dalla Germania, dall'Inghilterra, vi vanno, vi andranno ancora, poichè questo sublime sogno pare riceva un alimento prodigioso e misterioso dal sacrifizio, dal sangue, dalla morte. Infuria dappertutto la collera delle classi meno felici, meno fortunate contro coloro che tengono nelle mani tutti i poteri della [43]Terra; ma dovunque sono donne di cuore, dovunque sono anime gentili muliebri, piccole e grandi associazioni di carità si formano, e ogni miseria morale, ogni infelicità fisica trova la mano che soccorre e che carezza, il sorriso che consola e che assolve, il ricovero che custodisce il sonno e l'innocenza, la protezione che sorveglia e che redime. Immensi dolori agitano il mondo: ma il sogno di carità che affratella le donne di ogni paese e di ogni condizione, ha tale soffio ardente e vivificante, che esse sole, esse, le oscure e grandi anime sognanti, portano nei cuore il segreto che risolve il dolore umano!
E il letto di morte dove posa la sua testa stanca l'uomo che visse e andò verso la tomba per un sogno di fede, di bontà, di gloria, di grandezza, è pieno di pace finale per l'agonizzante. La monaca che muore uccisa dal tifo, il missionario che finisce, ferito dalla zagaglia barbara, lo scienziato che è avvelenato dai farmachi che maneggia, l'inventore che è stritolato dalla sua macchina, il viaggiatore che cade di freddo sulla tolda della nave confitta nella banchina di ghiaccio, l'esploratore che è ucciso dalle febbri o dalla lancia di un selvaggio, la dama che muore di una malattia presa nelle sue opere di carità, muojono in pieno sogno senza destarsi dalla loro nobile visione, e dànno la loro vita senza [45]rammarico, rassegnatamente, serenamente, sentendo di aver vissuto per qualche cosa di grande, sentendo di aver vissuto per qualche cosa di nobile!