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II. — IL PADRE ED IL FIGLIO.
日期:2021-06-28 17:10  点击:284
 Lasciamo Danglars, alle prese col genio dell’odio, cercare di gettare contro il suo camerata qualche maligna supposizione all’orecchio dell’armatore, e seguiamo Dantès, che dopo aver percorsa la Cannebière in tutta la sua lunghezza, prende la contrada Nouaille, entra in una piccola casa sita alla sinistra dei viali di Meillan, sale i quattro piani di una scala oscura e attenendosi con una mano al mantegno, comprime coll’altra i battiti del cuore, e si arresta davanti una porta socchiusa, che lascia vedere fino al fondo una piccola camera: in essa stava il padre di Dantès. La notizia dell’arrivo del Faraone non era ancor giunta al vecchio che salito sur una cassa, era occupato a piantare delle cannucce sopra cui adattava con mano tremante alcuni nasturzi misti a clematidi che si arrampicavano lungo la pergola della finestra. Ad un tratto si sentì circondare il corpo da due braccia, ed una voce ben conosciuta gridare dietro a sè: — Mio padre! mio buon padre. Il vecchio gettò un grido e si volse; poi vedendo suo figlio, si lasciò cadere tra le braccia di lui tremante e pallido.
 
— Che avete dunque o padre? sareste voi ammalato?
 
— No, mio caro Edmondo, mio figlio, mio caro figlio, no: ma io non ti aspettava, e la gioia, la sorpresa di rivederti così all’improvviso... Dio, Dio... mi sembra di morire...
 
— Coraggio! rimettetevi, o padre. Sono io, io stesso. Si dice sempre che la gioia non nuoce; ed è perciò che sono entrato così senza farvi preparare; guardatemi, sorridetemi in vece di osservarmi con occhi spaventati. Io ritorno e noi saremo felici.
 
— Ah! tanto meglio, o figlio, riprese il vecchio. Ma in qual modo possiamo noi essere felici? tu adunque non mi abbandoni più? Vediamo, raccontami le tue fortune.
 
— Che il signore mi perdoni, disse il giovinotto, di allegrarmi di una fortuna che faccio col lutto di una famiglia: ma il cielo m’è testimone che io non l’ho desiderato! Essa mi giunge, ed io non ho forza di affliggermene. Il bravo Capitano Leclerc è morto, ed è probabile che colla protezione del Sig. Morrel, io vada al suo posto... Capitano a venti anni! con cento luigi di stipendio ed una parte nello interesse! non è ciò più di quel che [6] poteva sperare un povero marinaio come sono io!
 
— Sì, figlio mio, sì, infatto questa è una felicità.
 
— E perciò io voglio che col primo denaro che avrò voi abbiate una casetta con un giardino per piantare le vostre clematidi, i nasturzi ed il caprifoglio. Ma che avete padre? si direbbe che state male!
 
— Pazienza, pazienza, non sarà nulla.
 
E le forze mancando al vecchio, cadde rovescioni in addietro.
 
— Via, via, disse il giovinotto, un bicchiere di vino, vi rianimerà. Dove conservate il vino?
 
— No grazie, non lo cercare, io non ne ho bisogno, disse il vecchio cercando di trattenere il figlio.
 
— Lasciate fare, lasciate fare, o padre, indicatemi il luogo.
 
Ed aprì due o tre armadi.
 
— È inutile... disse il vecchio, non vi è più vino....
 
— Come non vi è vino, disse Dantès impallidendo a sua volta, e guardando alternativamente le guance smunte ed increspate del vecchio, e gli armadi vuoti. Come! non vi è più vino! sareste voi restato privo di denaro, o padre?
 
— Io non son rimasto privo di nulla, dappoichè tu sei qui.
 
— Frattanto, balbettò Dantès, asciugandosi il sudore che freddo gli colava dalla fronte, io vi aveva però lasciato 200 fr. son tre mesi partendo.
 
— Sì, sì Edmondo, è vero. Ma tu avevi dimenticato nel partire un piccolo debito col vicino Caderousse, egli me lo ha ricordato, dicendomi che se io non pagava per te, egli andava a farsi pagare dal Sig. Morrel. Allora tu comprendi, per tema che ciò non ti facesse torto... ho pagato io per te.
 
— Ma, esclamò Dantès, il mio debito con Caderousse era di 140 fr.; e voi li avete pagati sui 200 fr. che vi ho lasciati.
 
Il vecchio fece un segno affermativo colla testa.
 
— Dimodochè voi avete vivuto, per tre mesi con soli 60 fr.
 
— Tu sai quanto poco mi abbisogni e mi basti.
 
— Oh! mio Dio! padre mio perdonatemi, gridò Edmondo gettandosi ai piedi del buon vecchio.
 
— Che fai tu mo?
 
— Ah voi mi avete squarciato il cuore! — Nulla! tu sei qui, disse il vecchio sorridendo, ora tutto è dimenticato, se stai bene.
 
— Sì io son qui; eccomi con un bell’avvenire e con qualche poco di danaro. Prendete o padre, diss’egli, prendete e inviate subito qualcuno a cercare qualche cosa. — E vuotò sulla tavola la borsa che conteneva una dozzina di monete d’oro, cinque o sei scudi da cinque fr. e qualche poco di moneta minuta. Il viso del vecchio si annuvolò. — Di chi è quel danaro?
 
— Mio, tuo, di entrambi, prendi, compra delle provvisioni, sii felice, domani ve ne sarà dell’altro.
 
— Adagio, adagio, disse il vecchio sorridendo, colla tua permissione io farò uso della tua borsa, ma con moderazione, mentre le persone che mi vedessero fare grandi provviste direbbero che io era obbligato ad aspettare il tuo ritorno per farle.
 
— Fate come vi aggrada, ma prima d’ogni altro provvedetevi di una persona di servizio. Non voglio più che usciate solo. Io ho del caffè e dell’eccellente tabacco di contrabbando in una cassetta in fondo alla stiva; voi l’avrete domani. Ma... zitto; sento arrivare qualcuno.
 
— Sarà Caderousse che avendo saputo il tuo arrivo viene a darti il ben venuto.
 
— Bene, ecco altre labbra che dicono diversamente da ciò che pensa il cuore; ma non serve, mormorò Edmondo; egli è un vicino che ci ha altra volta reso un servigio; che sia il ben venuto. — Di fatto al momento in cui Edmondo terminava la frase a voce bassa, si vide comparire la testa nera barbuta di Caderousse sul limitare della porta.
 
Era costui un uomo di 25 a 26 anni, aveva fra le mani un po’ di panno che nella sua qualità di sartore si accingeva a tramutare nei paramani di un abito.
 
— Ah! eccoti dunque di ritorno, Edmondo! disse con l’accento marsigliese più pronunciato, e con un largo sorriso che gli scopriva dei bellissimi denti, bianchi come l’avorio.
 
— Come vedete, vicino Caderousse, e pronto a servirvi in qualunque cosa, rispose Dantès, mal dissimulando la sua freddezza, nel fare questa offerta.
 
— Grazie, grazie, fortunatamente non ho bisogno di nulla, anzi gli altri hanno qualche volta bisogno di me (Dantès fece un movimento d’impazienza); non dico ciò per te o giovinetto; ti prestai del denaro, tu me lo hai reso, ciò si pratica fra buoni vicini e noi siamo pari.
 
— Non si è mai pari con quei che ci han favorito, disse Dantès, mentre, allorquando [7] non si deve loro più danaro, loro si deve la riconoscenza.
 
— E a che parlare di ciò? Ciò che è passato, è passato; parliamo del tuo felice ritorno o giovinotto. Io era andato sul porto per ritrovare da accompagnare del panno color marrone, allora quando ho incontrato l’amico Danglars. «— Tu a Marsiglia? — Sì, io stesso, rispose egli. — Io ti credeva a Smirne? — Io potrei ancora esservi mentre vengo di là — E Edmondo ov’è egli, il bravo giovinotto? — Certamente presso suo padre» mi rispose Danglars ed allora io sono venuto per avere il piacere di stringere la mano ad un amico.
 
— Questo buon Caderousse, disse il vecchio, ci ama molto.
 
— Certamente vi amo e vi stimo ancora, molto più che gli uomini onesti sono tanto rari... ma sembra che tu ritorni ricco, continuò il sartore, volgendo uno sguardo bieco sull’oro e sull’argento che Dantès aveva posato sulla tavola.
 
Al giovine marinaro non sfuggì il lampo di cupidigia che rischiarò gli occhi neri del suo vicino. — Eh! mio Dio, disse con non curanza, questo danaro non è mio, aveva manifestato a mio padre il timore che nella mia assenza gli fosse mancato qualche cosa ed egli per rassicurarmene ha vuotata la sua borsa sulla tavola. Andiamo padre, rimettete il vostro danaro nel tiratoio, a meno che il vicino Caderousse non ne abbia a sua volta bisogno, nel qual caso è sempre a sua disposizione.
 
— No, giovinotto, disse Caderousse, io non ho bisogno di niente, e grazie a Dio il proprio stato mantiene l’uomo; conserva il tuo danaro, che non se ne ha mai di troppo; ciò non toglie che io ti sia obbligato della tua offerta come se ne avessi approfittato.
 
— Era di buon cuore, disse Dantès.
 
— Non ne dubito. Ebbene, eccoti dunque di bene in meglio col signor Morrel, furbo che sei.
 
— Il sig. Morrel ha sempre avuto molta bontà per me.
 
— In questo caso tu hai avuto torto a ricusare il suo pranzo.
 
— Come! ricusare il suo pranzo? riprese il vecchio; egli dunque ti aveva invitato a pranzo?
 
— Sì, padre mio, rispose Edmondo sorridendo della meraviglia che cagionava a suo padre l’eccessivo onore di cui si credeva il soggetto.
 
— E perchè dunque? dimandò il vecchio.
 
— Per ritornare più presto vicino a voi, mio padre, rispose il giovinotto, aveva gran fretta di vedervi.
 
— Ciò però avrà dispiaciuto a quel buon uomo del signor Morrel, soggiunse Caderousse; e quando uno aspira a divenir capitano, ha torto di non far la corte al suo armatore.
 
— Io gli ho spiegata la causa del mio rifiuto, rispose Dantès, e sono certo che egli l’ha intesa.
 
— Ah! per diventar capitano bisogna accarezzare un poco più i suoi padroni.
 
— Io spero di divenire capitano anche senza di ciò.
 
— Tanto meglio, ciò farà piacere ai tuoi vecchi amici. Io so che vi è qualcuno laggiù dietro alla cittadella S. Nicola che ne sarà molto contento.
 
— Mercedès? disse il vecchio.
 
— Sì, padre mio, rispose Dantès, e colla vostra permissione, ora che vi ho veduto, ora che so che voi state bene, che avete tutto ciò che vi abbisogna, vi chiederei il consenso di fare una visita ai Catalani.
 
— Va figlio mio! va! disse il vecchio Dantès, e Dio benedica te nella tua donna, come benedisse me nel figlio!
 
— Sua donna! disse Caderousse, voi andate tropp’oltre, papà Dantès: ella non lo è ancora, io credo.
 
— No, ma, secondo ogni probabilità, rispose Edmondo, ella non tarderà molto a divenirlo.
 
— N’importa, disse Caderousse, hai fatto bene a sbrigarti.
 
— E perchè ciò?
 
— Perchè la Mercedès è una bella giovinetta, e le belle giovinette non mancano d’innamorati, quella particolarmente, la seguivano a dozzine.
 
— Davvero! disse Edmondo con un sorriso sotto il quale traspariva un’ombra d’inquietudine.
 
— Oh sì! riprese Caderousse, e anche belle proposte capisci tu? diventi capitano, e si guarderà bene da rifiutarti.
 
— Ciò equivale al dire, disse Dantès con sorriso che mal dissimulava la sua inquietudine, che se io non diventassi capitano...
 
— Eh! eh! fece Caderousse.
 
— Via, via, disse il giovinotto, io ho migliore opinione che voi delle donne in generale, e di Mercedès in particolare, e sono convinto che diventi o no capitano, ella mi resterà egualmente fedele.
 
[8]
— Tanto meglio! disse Caderousse, egli è sempre una buona cosa che i giovinotti, quando si maritano, siano forniti di buona fede, ma non serve, credimi Dantès, corri ad annunziarle il tuo arrivo, ed a metterla a parte delle tue speranze.
 
— Vi vado, disse Edmondo, che abbracciò suo padre, salutò con un cenno di testa Caderousse, e partì.
 
Caderousse restò un altro momento, poi prendendo congedo dal vecchio Dantès, discese a sua volta, e andò a raggiunger Danglars che lo aspettava all’angolo della strada Senac.
 
— Ebbene! disse Danglars, l’hai tu veduto?
 
— L’ho lasciato ora.
 
— Ti ha egli parlato della sua speranza di divenir capitano?
 
— Egli ne parla come se lo fosse digià.
 
— Pazienza! mi sembra che si solleciti un po’ troppo.
 
— Diavolo! sembra che il posto gli sia stato promesso dallo stesso sig. Morrel.
 
— Dimodochè egli sarà molto contento?
 
— Cioè, egli è molto insolente; mi ha di già offerti i suoi servigi come se fosse un personaggio d’importanza; e del denaro in prestito come se fosse un banchiere.
 
— E tu avrai ricusato?
 
— Certamente, quantunque io avessi potuto accettare, atteso che sono stato io che gli ho messo fra le mani le prime monete bianche ch’egli ha toccato: ma ora Dantès non avrà più bisogno d’alcuno divenendo capitano.
 
— Baie! disse Danglars, egli non lo è ancora; ed in fede mia sarebbe una bella cosa se nol fosse più, Caderousse; altrimenti non vi sarebbe modo di potergli parlare.
 
— Se noi lo vogliamo veramente, disse Danglars, egli resterà ciò che è, e forse diventerà ancor meno di quel che è.
 
— Che dici tu?
 
— Niente, parlo a me stesso. È egli sempre innamorato della Catalana?
 
— Innamorato pazzo; ora è andato da lei. Ma o mi sbaglio, o avrà dei dispiaceri da quella parte.
 
— Spiegati! ciò è più importante di quel che credi. Tu non ami certamente Dantès?
 
— Io non amo gli arroganti.
 
— Ebbene dimmi allora ciò che sai relativamente alla Catalana.
 
— Io non so niente di positivo, ho veduto soltanto cose che mi fanno credere, come ti diceva, che il futuro capitano avrà dei dispiaceri nei dintorni della via delle Vieilles-Infirmeries.
 
— Che hai tu veduto? Via, dimmi.
 
— Ebbene, ho veduto che tutte le volte che Mercedès entra in città, è sempre accompagnata da robusto e minaccioso Catalano dagli occhi neri, la pelle rossa, molto scuro, ardentissimo, e ch’ella chiama mio cugino.
 
— Ah! davvero, e credi tu che costui le faccia la corte?
 
— Lo suppongo; che diavol’altro vuoi che faccia un giovinotto di ventun’anno ad una bella ragazza di diciassette?
 
— E tu dici che Dantès è andato ai Catalani?
 
— Egli è uscito di casa sua poco prima di me.
 
— Se noi andiamo dalla medesima parte, ci fermeremo all’osteria della Réserve dal papà Panfilo e mentre staremo bevendo un bicchier di vino di Lamalgue, attenderemo notizie.
 
— E chi ce le porterà?
 
— Noi saremo sulla strada, e vedremo bene sul viso di Dantès ciò che sarà avvenuto.
 
— Andiamo, disse Caderousse; ma sei tu che paghi?
 
— Certamente, rispose Danglars. E tutti e due s’incamminarono con passo rapido verso il luogo indicato. Giunti colà si fecero portare una bottiglia e due bicchieri. Il papà Panfilo aveva veduto passare Dantès, che non erano dieci minuti. Certi che Dantès era ai Catalani, si assisero sui banchi di verdura nascente ai piedi delle piante di sicomori sui rami delle quali gli uccelli salutavano i primi giorni della primavera.

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