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LVI. — IL RECINTO A TRIFOGLIO.
日期:2021-06-29 15:37  点击:267
 È d’uopo che i nostri lettori ci permettano di ricondurli a quel recinto che confina coll’abitazione del sig. de Villefort, e dietro il cancello investito dai marroni troveremo delle persone di nostra conoscenza. Questa volta Massimiliano era giunto il primo: era egli che teneva l’occhio volto all’assito cercando nel fondo del giardino un’ombra fra gli alberi ed attendendo il calpestio d’uno stivaletto di seta sulla sabbia dei viali. Finalmente il tanto desiderato calpestio si fe’ sentire, ma invece di una furon due le ombre che si avvicinarono. Il ritardo era causato dalla visita della sig.ª Danglars e di Eugenia, ch’erasi prolungata oltre l’ora in cui Valentina era attesa. Allora per non mancare al suo ritrovo la giovinetta aveva proposto a madamigella Danglars una passeggiata nel giardino, volendo far vedere a Massimiliano non esser da lei causato il ritardo, pel quale certamente ella soffriva. Il giovine capì tutto con quella rapidità d’induzione propria degli amanti, ed il suo cuore ne fu sollevato. D’altra parte senza giungere a portata di voce, Valentina diresse la sua passeggiata in modo che Massimiliano potesse vederla passare e ripassare; e ad ogni giro uno sguardo celato alla compagna, ma vibrato dalla parte del cancello, e dal giovine raccolto, gli diceva: — «Abbiate pazienza, vedete che non è mia colpa.» — Massimiliano infatti acquistava pazienza, ammirando il contrasto che vi era fra quelle due giovanette, tra la bionda dagli occhi languidi e dal corpo leggermente inclinato come un bel salice; e la bruna dagli occhi vivi e dal corpo [304] ritto come un pioppo: non è necessario il dirlo, in questo contrasto tutto il vantaggio stava dal lato di Valentina, almeno nel cuor del giovine.
 
Dopo mezz’ora di passeggiata le due giovanette s’allontanarono; Massimiliano capì esser giunto il termine della visita della sig.ª Danglars. Infatto un momento dopo comparve Valentina sola. Per timore che qualche indiscreto sguardo non ne seguisse il ritorno, ella veniva pian piano; ed invece di avanzarsi direttamente verso il cancello, andò ad assidersi sur un banco, dopo aver senz’affettazione esaminato ogni gruppo d’albero ed internato lo sguardo nel fondo di tutti i viali; prese queste cautele corse al cancello. — Buon giorno Valentina, disse una voce — Buon giorno Massimiliano, vi ho fatto attendere, ma ne avete veduto la causa.
 
— Ho veduto Madamigella Danglars, non vi credeva in sì stretta amicizia con lei.
 
— E chi vi ha detto che siam strette amiche?
 
— Nessuno, ma ho potuto scorgerlo dal modo come vi tenevate pel braccio, e come parlavate, si sarebber dette due compagne di conservatorio che si facevan le lor confidenze.
 
— Sì, è vero, infatto, disse Valentina, ella mi confessava la sua avversione al matrimonio col sig. de Morcerf; ed io la mia infelicità in isposare il sig. d’Épinay. — Cara la mia Valentina! — Sapete, amico mio, avete scorta quest’apparenza di abbandono fra me ed Eugenia, perchè parlando dell’uomo che non amava, pensavo a quello che amo.
 
— Quanto siete buona, mia Valentina, avete in voi stessa una cosa che Eugenia non avrà mai: l’attrattiva indefinibile che per la donna è ciò che il profumo è pel fiore, il sapore pel frutto, che non è tutto in un fiore d’esser bello, in un frutto d’esser buono. — L’amor vostro vi fa vedere così la cosa.
 
— No, Valentina, ve lo giuro; sentite; poco fa io vi guardava entrambe, e sul mio onore rendendo giustizia alla bellezza di Eugenia non poteva comprendere come un uomo si possa innamorar di lei. — Egli è perchè io stava là, e la mia presenza vi rendeva ingiusto. — No, ma ditemi... una domanda di semplice curiosità, che emana da certe idee che mi son fatto di madamigella Danglars. — Oh! queste idee saran certamente ingiuste sebbene io non sappia quali sieno; quando giudicate noi povere donne, non ci dobbiamo aspettare indulgenza. — Ma siete poi ben giuste quando vi giudicate l’un l’altra fra di voi. — Egli è perchè nei nostri giudizii vi son quasi sempre mischiate le passioni.
 
— È forse perchè Eugenia ama qualche altro, che ella teme il matrimonio col sig. de Morcerf? — Massimiliano, vi ho già detto che non sono la sua intima amica. — Oh! mio Dio, senza essere amiche intime le giovinette si fan delle confidenze... convenite meco, che voi le avete fatta qualche interrogazione su quest’argomento... vi veggo sorridere... sentiamo, che cosa vi ha detto?
 
— Mi ha detto che non amava alcuno, disse Valentina, che aveva in orrore il matrimonio, che la sua maggiore gioia sarebbe di menare una vita libera ed indipendente, e che quasi desiderava che suo padre perdesse la sua fortuna per divenire artista come la sua amica Luigia d’Armilly.
 
— Ah! vedete dunque... — Ebbene, ciò che cosa prova? domandò Valentina. — Nulla, rispose sorridendo Massimiliano. — Allora, disse Valentina, perchè ora voi sorridete?
 
— Ah! vedete bene che anche voi guardate, proseguì Massimiliano. — Volete che mi allontani? — No, no, torniamo a noi. — Sì è vero, perchè abbiamo appena dieci minuti da stare insieme. — Dio mio! gridò costernato Massimiliano.
 
— Sì, avete ragione, disse malinconicamente Valentina, avete in me una povera amica, quale esistenza è la vostra, avete tanto ben fatto per essere felice! credetemi, io mel rimprovero amaramente.
 
— Ebbene, che v’importa Valentina se anche in tal guisa io mi trovo felice?
 
— Grazie, sperate per entrambi, Massimiliano, ciò mi rende per metà felice. — E che cosa dunque vi accade ancora, o Valentina, che dovete ora lasciarmi sì presto? — Non so; la sig.ª di Villefort m’ha fatto dire dovermi fare una comunicazione dalla quale ella dice, dipende metà della mia fortuna. Eh! mio Dio! ch’essi se la prendan tutta, son ricca abbastanza, ma almeno dopo averla presa, mi lascino tranquilla e libera.
 
— Ma non temete voi che questa comunicazione sia qualche notizia intorno il vostro matrimonio?
 
— Nol credo...
 
— Però ascoltatemi Valentina, ma non vi spaventate.
 
— Credete tranquillarmi, dicendomi ciò, Massimiliano?
 
[305]
— Perdono; avete ragione, sono un uomo brutale; ebbene voleva dirvi che giorni sono ho incontrato il sig. de Morcerf.
 
— Ebbene?
 
— Il sig. Franz è suo amico, come voi ben sapete.
 
— Sì, ebbene?
 
— Ebbene egli ha ricevuto da Franz una lettera con cui lo avvisa del suo vicino ritorno.
 
Valentina impallidì, ed appoggiò la testa contro il cancello:
 
— Ah! mio Dio, diss’ella, sarà presto! Ma no, una tale comunicazione non mi verrebbe dalla sig.ª de Villefort.
 
— Perchè?
 
— Perchè... nol so... ma sembrami che la sig.ª de Villefort, senza opporvisi francamente, non abbia simpatia per questo matrimonio.
 
— Va bene, Valentina, dovrò finire per adorare la sig.ª de Villefort.
 
— Oh! non v’affrettate, Massimiliano, disse Valentina con amaro sorriso.
 
— Alla fin fine, se le è antipatico questo matrimonio, non fosse altro che per romperlo, ella forse darebbe ascolto a qualche altra proposta.
 
— Nol credete, la sig.ª de Villefort non respinge i mariti, ma il matrimonio.
 
— Come? il matrimonio? se tanto detesta il matrimonio perchè si è maritata? — Voi non mi capite, Massimiliano; quando un anno fa le parlai di ritirarmi in un convento, ad onta delle osservazioni ch’ella si era creduta in dovere di farmi, aveva adottata la mia proposizione con gioia; ed a sua istigazione, mio padre vi aveva acconsentito, ne son sicura, non vi fu che il povero nonno che mi trattenne; non potete figurarvi quanta espressione vi sia negli occhi di questo povero vecchio, che non ama che me sola al mondo, e che (Dio mi perdoni se dico una bestemmia) in questo mondo non è amato che da me sola; se sapeste quando apprese la mia risoluzione, in qual modo mi ha guardato, quanti rimproveri vi erano in quegli sguardi, quanta disperazione in quelle lagrime che scorrevano senza lamenti e senza sospiri su quelle guance immobili: ah! Massimiliano, io provai alcun che come di rimorso, e mi sono gettata ai suoi piedi gridando: — Perdono! perdono! padre mio, faranno di me ciò che vorranno, ma io non vi lascerò mai. — Allora alzò gli occhi al cielo. Massimiliano, io posso soffrire molto; questo sguardo del mio buon vecchio nonno mi ha ricompensato di tutto ciò che soffrirò.
 
— Cara Valentina, voi siete un angelo, ed io non so come abbia potuto meritare (sciabolando a dritta e a sinistra dei Beduini, a meno che Dio non abbia preso in considerazione ch’essi sono infedeli) che voi vi riveliate a me. Ma finalmente vediamo Valentina, quale dunque può essere la premura così forte della sig.ª de Villefort, perchè non abbiate a maritarvi?
 
— Non avete inteso ciò che vi diceva poco fa, che cioè, io sono ricca, Massimiliano, troppo ricca? io ho dal lato di mia madre quasi cinquanta mila lire di rendita, mio nonno e mia nonna, il marchese e la marchesa di Saint-Méran, devono lasciarmene altrettanto; il sig. Noirtier ha egualmente l’intenzione di farmi sua unica erede. Ne risulta adunque, comparativamente a me, che mio fratello Edoardo che non aspetta dal lato di sua madre alcuna ricchezza, è povero. Ora la sig.ª de Villefort ama questo fanciullo all’adorazione, e se io fossi entrata in un monastero, tutt’i miei beni concentrati sopra mio padre che erediterebbe dal marchese, dalla marchesa, e da me, sarebbero venuti a suo figlio.
 
— Questa cupidità in una donna giovane e bella è molto strana!
 
— Notate però che tutto ciò non è per essa, Massimiliano, ma per suo figlio, e ciò che voi le rimproverate come un difetto, sotto il punto di vista dell’amor materno è quasi una virtù.
 
— Ma vediamo, Valentina, disse Morrel, se voi rilascereste una porzione di questi beni a questo figlio.
 
— Ma quale sarà il mezzo di fare una simile proposizione, disse Valentina, e particolarmente con una donna che continuamente ha sulla bocca la parola disinteressamento?
 
— Valentina, mi permettete voi di parlare di questo affare con un amico?
 
Valentina fremette: — Ad un amico? diss’ella, mio Dio, Massimiliano, un fremito mi percorre le membra, nel sentirvi parlar così! ad un amico, e chi è dunque questo amico?
 
— Ascoltate, Valentina, avete mai sentito per qualcuno una di quelle simpatie irresistibili che fanno sì, che vedendo ancora una persona per la prima volta, voi credete conoscerla da lungo tempo, e vi domandate dove e quando l’avete veduta: e tanto che non potendo ricordarvi nè il luogo, nè il tempo, giungete a credere, che ciò fu in un mondo anteriore al nostro, e che questa simpatia non sia che una rimembranza che si risvegli? — Sì. — Ebbene! [306] ecco ciò che io ho provato la prima volta che ho veduto quest’uomo straordinario.
 
— Un uomo straordinario? — Sì.
 
— Che voi conoscete da lungo tempo allora?
 
— Da otto o dieci giorni.
 
— E chiamate vostro amico un uomo che conoscete da soli otto giorni? Oh! Massimiliano, vi credeva molto più avaro di questo bel nome di amico.
 
— Voi in logica avete ragione, Valentina, ma dite ciò che volete, niuna cosa mi farà retrocedere su questo sentimento istintivo. Credo che quest’uomo sarà immischiato a tutto ciò che mi accadrà di bene nell’avvenire, che perfino il suo sguardo profondo sembra conoscere e la sua mano possente dirigere.
 
— È dunque un indovino? disse sorridendo Valentina.
 
— In fede mia, son tentato a credere che spesso indovini.... particolarmente il bene.
 
— Oh! disse Valentina tristamente, fatemi conoscere quest’uomo, che io sappia da costui, se sarò amata abbastanza per esser ricompensata di tutto ciò che ho sofferto.
 
— Pover’amica! ma voi lo conoscete. — Io? — Sì. È quegli che ha salvato la vita a vostra matrigna ed a suo figlio.
 
— Il conte di Monte-Cristo? — Egli stesso.
 
— Oh! gridò Valentina, egli non può mai essere mio amico, lo è troppo di mia matrigna.
 
— Il conte amico di vostra matrigna? Valentina, il mio istinto mi avrebbe ingannato a questo punto? son sicuro che voi vi sbagliate.
 
— Oh! se sapeste Massimiliano, non è più Edoardo che regna nella casa, ma il conte ricercato dalla sig.ª de Villefort, che vede in lui il riassunto delle umane conoscenze, ammirato, intendete? ammirato da mio padre, che dice di non aver mai inteso formolare con maggiore eloquenza le idee più sublimi, idolatrato da Edoardo che ad onta della sua paura pe’ grandi occhi neri del conte, corre da lui tosto che lo vede giungere e gli apre la mano, ove ritrova sempre qualche scherzo ammirabile: il sig. di Monte-Cristo quando è dalla sig.ª de Villefort, è come fosse in casa sua.
 
— Ebbene! cara Valentina, se le cose sono così, come dite, dovete di già risentire o risentirete ben presto gli effetti della sua presenza. Egli incontra Alberto de Morcerf in Italia, e ciò per sottrarlo dalle mani dei briganti, vede la sig.ª Danglars, e ciò per farle un regalo da re; vostra matrigna e vostro fratello passano davanti alla sua porta, e ciò perchè il suo moro salvi loro la vita. Quest’uomo ha evidentemente ricevuto il potere di avere influenza sugli avvenimenti, sugli uomini, e sulle cose. Non ho mai veduto gusti più semplici collegati ad una più alta magnificenza. Il suo sorriso è sì dolce quando me lo indirizza, che io dimentico come gli altri trovino il suo sorriso amaro: oh! ditemi, Valentina, vi ha egli sorriso in tal modo? Se lo ha fatto, sarete felice.
 
— No, disse la giovinetta, egli mi guarda appena, o piuttosto se passo per caso, volge lo sguardo altrove. Oh! Non è generoso, non ha quello sguardo profondo che legge nell’interno dei cuori, e che voi gli supponete a torto; poichè se avesse avuto questo sguardo, avrebbe veduto che io sono l’infelice, perchè se fosse generoso, vedendomi sola e trista nel mezzo di questa famiglia, mi avrebbe protetta con quella influenza ch’egli esercita; e poichè rappresenta, a quanto pretendete, la parte di sole, avrebbe riscaldato il mio cuore ad uno dei suoi raggi. Voi dite che vi ama, Massimiliano; che ne sapete? gli uomini fanno sempre viso grazioso ad un ufficiale alto 5 piedi ed 8 pollici come voi; che ha lunghi baffi, ed una gran sciabola, ma credono di potere schiacciare senza timore una povera giovinetta che piange.
 
— Ah! Valentina, v’ingannate, ve lo giuro!
 
— Se fosse altrimenti, se mi trattasse diplomaticamente, cioè come un uomo che vuole in un modo o nell’altro paoneggiare la famiglia, mi avrebbe, non fosse stato che una sola volta, onorata di quel sorriso che voi tanto mi vantate, ma no, mi ha veduta disgraziata, capisce che non posso essergli buona a niente, e non fa attenzione a me. Chi sa invece per fare la corte a mio padre, alla signora de Villefort, a mio fratello, che non mi perseguiti tanto, quando sarà in suo potere di farlo? vediamo francamente, Massimiliano, io non sono una donna che si debba disprezzare così senza ragione; voi me lo avete detto... Ah! perdonate, continuò la giovinetta vedendo la impressione che producevano le sue parole su Massimiliano, sono cattiva, e vi dico su quest’uomo cose che non sapeva neppure di avere in cuore. Ascoltate, non nego che quest’influenza [307] di cui mi parlate, vi sia, e che egli non la eserciti anche su me; ma s’egli la esercita, è in un modo nocivo e corruttore, come lo vedete, dei vostri buoni pensieri.
 
— Sta bene, Valentina, disse Morrel con un sospiro, non ne parliamo più, non gli dirò niente.
 
— Ahimè! amico mio, disse Valentina, io vi affliggo, lo vedo; oh! ma finalmente non chiedo di meglio che di esser convinta, dite che ha dunque fatto per voi questo conte di Monte-Cristo?
 
— Voi mi mettete in un grande impaccio domandandomi ciò che ha fatto il conte per me; niente d’ostensibile, lo so bene. Vi ho già detto che la mia affezione per lui è tutta d’istinto, e che nulla ha di ragionato. Il sole mi ha forse fatto qualche cosa? no; egli mi riscalda e colla sua luce io vedo, ecco tutto. Il tale o tal altro profumo ha fatto qualche cosa per me? no, il suo odore ricrea aggradevolmente uno dei miei sensi, non ho altra cosa a dire quando mi si domanda perchè io vanti quel tale profumo. La mia amicizia per lui è strana, com’è la sua per me. Una voce segreta m’avverte che vi è qualche cosa più di un semplice caso in quest’amicizia impreveduta e reciproca, trovo della correlazione perfino nei suoi più segreti pensieri, fra le mie azioni ed i miei pensieri. Voi forse riderete di me, Valentina, ma da che conosco quest’uomo mi è venuta l’assurda idea, che tutto ciò che mi accade di bene provenga da lui; ciò non ostante ho vissuto trent’anni senza aver mai avuto bisogno di questo protettore, n’è vero? non importa, sentite un esempio. Egli mi ha invitato a pranzo per sabato, questa è una cosa naturale al punto in cui siamo? ebbene! che ho saputo dopo? che vostro padre è invitato a questo pranzo, che vostra madre vi verrà. M’incontrerò con essi, e chi sa ciò che potrà risultare per l’avvenire da questo incontro? ecco delle particolarità semplicissime in apparenza; ciò non ostante vi scorgo dentro qualche cosa che mi sorprende, vi pongo una strana confidenza. Mi dico che il conte, quest’uomo singolare che indovina tutto, ha voluto farmi ritrovare col sig. e colla sig.ª de Villefort, e qualche volta cerco, ve lo giuro, di leggere nei suoi occhi se ha indovinato il mio amore.
 
— Mio buon amico, disse Valentina, se non sentissi da voi che ragionamenti simili, vi prenderei per un visionario: ed avrei una vera paura, pel vostro buon senso. Non è forse un puro caso quest’incontro? In verità rifletteteci dunque. Mio padre che non esce mai è stato dieci volte sul punto di negare questo invito alla sig.ª de Villefort, la quale al contrario arde dal desiderio di vedere in sua casa questo straordinario nababbo, ed a gran stento ella ottenne che l’avrebbe accompagnata. No, no, credetemi, per voi Massimiliano, non ho altri a cui chiedere soccorso, che a mio nonno, un cadavere; altr’appoggio che in mia madre, un’ombra...
 
— Sento che avete ragione, Valentina, e che la logica sta dalla vostra parte, disse Massimiliano, ma la vostra dolce voce, sempre così possente in me oggi non mi convince.
 
— E la vostra ancor meno, disse Valentina, e vi confesso che se non avete altro esempio da citarmi...
 
— Ne ho uno, disse Massimiliano esitando, ma in vero, Valentina, m’è forza confessarlo, è ancor più assurdo del primo.
 
— Tanto peggio, disse sorridendo Valentina.
 
— Eppur, continuò Morrel, non è meno concludente per me, uomo tutto d’ispirazione e di sentimento, e che ho qualche volta in dieci anni che servo, dovuto la vita ad uno di quei lampi interni, che vi dicono di fare un movimento innanzi o indietro, perchè la palla che vi deve uccidere, vi passi d’accanto.
 
— Caro Massimiliano, perchè non fare onore alle preghiere in questa deviazione delle palle? quando siete in Africa, non prego più Dio per me, nè per mia madre, ma sol per voi.
 
— Sì, dacchè vi conosco, disse sorridendo Morrel, ma prima che vi conoscessi, Valentina.
 
— Vediamo, non volete essermi debitore di cos’alcuna, cattivo, tornate dunque a questo esempio che voi stesso confessate assurdo.
 
— Ebbene! guardate fra gli assi, ed osservate laggiù a quell’albero il nuovo cavallo col quale son venuto.
 
— Oh! che bestia ammirabile! perchè non lo avete condotto vicino al cancello? gli avrei parlato, ed egli mi avrebbe intesa.
 
— Infatto come lo vedete, è un animale di gran prezzo, disse Massimiliano; voi sapete che la mia fortuna è limitata, e che io altro non sono, come si dice, che un uomo ragionevole. Ebbene! avevo veduto da un mercante di cavalli questo magnifico Médéah, così lo chiamo, ne chiesi il prezzo, mi fu risposto 4500 fr., dovetti [308] astenermi, come ben lo capirete, dal trovarlo tanto bello, e partii col cuore molto grosso, perchè il cavallo mi aveva guardato teneramente, mi aveva accarezzato con la testa, ed aveva corvettato sotto di me nel modo più elegante e grazioso. La stessa sera aveva in mia casa alcuni amici, il sig. Château-Renaud, il sig. Debray, e 5 o sei altri cattivi soggetti, che avete la fortuna di non conoscere neppur di nome. Ho proposta una partita di bouillotte; non giuoco mai perchè non sono abbastanza ricco da poter perdere, nè abbastanza povero per desiderare di vincere; io era in casa mia, e non altro avevo a fare che far prendere un mazzo di carte, e così feci. Quando ci mettemmo al tavolino, giunse il sig. di Monte-Cristo, si giuocò ed io vinsi, oso appena confessarvelo, Valentina, guadagnai 5 mila fr. Noi ci lasciammo a mezza notte; io non potei più contenermi, presi un cabriolet, e mi feci condurre dal mercante di cavalli. Palpitante suonai, egli venne ad aprirmi, e dovette prendermi per pazzo; io mi slanciai dall’altra parte della porta appena aperta; entrai in iscuderia, guardai alla rastrelliera. Oh! fortuna! Médéah rodeva il fieno; prendo una sella, gliela metto sul dorso, gli pongo le redini; poi depositando i 4500 fr. fra le mani del mercante stupefatto, ritorno, o piuttosto passo la notte a passeggiare nei Campi-Elisi. Ebbene! ho veduto il lume alla finestra del conte: e mi è perfino sembrato di scorgere l’ombra dietro la tenda. Or Valentina, giurerei, che il conte ha saputo che desideravo questo cavallo, e che ha espressamente perduto per farmelo guadagnare.
 
— Mio caro Massimiliano, disse Valentina, siete troppo fantastico... non mi amerete lungamente: un uomo sì poetico non saprebbe fissarsi a suo piacere in una passione monotona come la nostra, ma sentite... mi chiamano...
 
— Oh! Valentina, disse Massimiliano per la piccola fessura dell’assito...
 
— Avevamo detto, Massimiliano, che saremmo stati l’una per l’altro due voci, due ombre!
 
— Come vi piacerà, Valentina.

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