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LVII. — IL SIG. NOIRTIER DE VILLEFORT.
日期:2021-06-29 15:38  点击:337
 Ecco ciò che accadde nella casa del procuratore del re dopo la partenza della sig.ª Danglars e di sua figlia durante la conversazione che abbiamo riferita. Il sig. de Villefort era entrato nella camera di suo padre, seguito dalla sig.ª de Villefort; in quanto a Valentina noi sappiamo dov’era.
 
Entrambi dopo aver salutato il vecchio e congedato Barrois, antico domestico, che era al loro servizio da 25 anni, avevano preso posto ai suoi lati. Il sig. Noirtier assiso in una gran poltrona a carrucole, dove veniva posto la mattina, e dove era levato la sera, seduto davanti ad uno specchio che riflettendo tutto l’appartamento gli permetteva di vedere, senza fare alcun movimento, divenuto impossibile, chi entrava nella sua camera, chi ne usciva, e tutto ciò che si faceva intorno a lui; il sig. Noirtier immobile come un cadavere guardava con occhi intelligenti e vivi i suoi figli, la cui cerimoniosa riverenza gli annunciava qualche dimostrazione ufficiale ed inattesa. La vista e l’udito erano i due soli sensi, che a guisa di due scintille animavano questa materia umana di già per tre quarti apparecchiata per la tomba: ed anche di questi due sensi un solo poteva rilevare all’esterno la vita interna che animava la statua; e lo sguardo che denunziava questa vita interna era paragonabile ad una di quelle luci lontane che, durante la notte, avvisano il viaggiatore perduto in un deserto che vi è ancora un essere esistente che veglia in quel silenzio ed in quella oscurità.
 
Così nell’occhio nero del vecchio Noirtier sormontato da un sopracciglio pur nero, mentre che la capigliatura, ch’egli portava lunga e pendente sulle spalle, era bianca; in quest’occhio, come accade in ciascun organo dell’uomo, esercitato a spese degli altri organi, si erano concentrate tutta l’attività, tutta la destrezza, tutta la forza, tutta l’intelligenza, sparse altra volta in questo corpo ed in questo spirito. Certamente mancavano il gesto del braccio, il suono della voce e l’attitudine del corpo; ma quell’occhio possente suppliva a tutto, egli comandava cogli occhi, ringraziava cogli occhi; era un cadavere cogli occhi vivi, e niente poteva essere qualche volta più spaventoso di questo viso di marmo, nell’atto del quale si accendeva una collera o rispondeva una gioia. Tre persone soltanto sapevano comprendere il linguaggio di questo povero paralitico. Villefort, Valentina, ed il vecchio domestico di cui abbiamo già parlato. Ma siccome Villefort non vedeva suo padre che rare volte, e per così dire solo quando non ne poteva far di meno; siccome quando lo vedeva, non cercava di compiacerlo comprendendolo; [309] tutta la felicità del vecchio era riposta nella sua nipote Valentina la quale era giunta a forza di affezione, di amore, e di pazienza a comprendere con lo sguardo tutti i pensieri di Noirtier. A questo linguaggio muto o inintelligibile per tutt’altri, ella rispondeva con tutta la sua voce, tutta la sua fisonomia, tutta la sua anima, di modo che si stabilivano dei dialoghi animati fra questa giovinetta e questa pretesa argilla quasi ritornata polvere, e che ciò non ostante era ancora un uomo di un immenso sapere, di un’inaudita penetrazione, e di una volontà così possente quanto può essere l’anima racchiusa in una materia che poco si presta.
 
Valentina aveva dunque risoluto lo strano problema di capire il pensiero del vecchio, per fargli comprendere il suo, e mercè questo studio era ben raro che per le cose ordinarie della vita, ella non indovinasse con precisione il desiderio di quest’anima vivente, o di questo cadavere per metà insensibile.
 
Quanto al domestico, siccome serviva il padrone da 25 anni come abbiamo detto, egli conosceva tanto bene tutte le abitudini di lui ch’era ben difficile che Noirtier avesse bisogno di domandare qualche cosa; Villefort per conseguenza non aveva bisogno dei soccorsi nè dell’uno, nè dell’altro, per intavolare con suo padre la strana conversazione che veniva ad incominciare. Egli stesso, lo dicemmo, conosceva perfettamente il vocabolario del vecchio, e se non se ne serviva più spesso, era per noia o per indifferenza. Egli dunque lasciò discendere Valentina in giardino, allontanò Barrois, e dopo aver preso posto alla destra di suo padre, mentre che la sig.ª de Villefort sedeva alla sinistra di lui:
 
— Signore, disse, non vi maravigliate che Valentina non sia salita con noi, e che io abbia allontanato Barrois, perchè la conferenza che siamo per avere è una di quelle che non può essere fatta, nè davanti ad una giovinetta, nè davanti ad un domestico; la sig.ª de Villefort ed io abbiamo una comunicazione a farvi.
 
Il viso di Noirtier restò impassibile durante questo preambolo, mentre che al contrario l’occhio di Villefort sembrava scrutinare fino nel più profondo del cuore del vecchio.
 
— Questa comunicazione, continuò il procuratore del re col suo tuono ghiacciato, e che sembrava non ammettere mai contestazioni, siamo sicuri, la signora de Villefort ed io, che vi farà piacere.
 
L’occhio del vecchio continuò a restare immobile, ascoltava e niente più.
 
— Signore, riprese Villefort, noi maritiamo Valentina.
 
Una figura di cera non sarebbe a questa notizia rimasta più fredda di quel che fece la figura del vecchio.
 
— Il matrimonio avrà luogo fra tre mesi, riprese Villefort.
 
La sig.ª de Villefort prese a sua volta la parola e si affrettò di aggiungere:
 
— Abbiamo pensato che questa notizia avrebbe dell’interessamento per voi, signore, d’altra parte Valentina parve sempre attirar tutta la vostra attenzione, non ci rimane dunque altro a dirvi, se non che il nome del giovine che le vien destinato; egli è uno dei più onorevoli partiti, ai quali possa aspirare Valentina; vi sono ricchezze, un bel nome, e delle garanzie sicure di felicità nella condotta e nei gusti di colui che le destiniamo, ed il cui nome non dev’esservi sconosciuto: si tratta del sig. Franz de Quesnel, barone d’Épinay.
 
Villefort durante il piccolo discorso di sua moglie attaccava sul vecchio uno sguardo più attento che mai. Allorchè la sig.ª de Villefort pronunziò il nome di Franz, l’occhio di Noirtier, che suo figlio conosceva tanto bene, fremette; e le pupille dilatandosi come fossero state due labbra al momento di dire una parola, lasciarono travedere un baleno.
 
Il procuratore del Re, che sapeva gli antichi rapporti di inimicizia politica tra suo padre ed il padre di Franz, capì questo fuoco e quest’agitazione, ma ciò non ostante lo lasciò passare come non veduto, e riattaccando la parola ove sua moglie l’aveva lasciata:
 
— Signore, diss’egli, è importante, lo capite bene, essendo così vicina a compiere i 19 anni, che Valentina sia finalmente stabilita. Non ostante non vi abbiamo dimenticato nelle trattative, e ci siamo assicurati prima che il marito di Valentina accetterebbe di vivere se non con noi, la qual cosa incomoderebbe forse le loro private faccende domestiche, almeno che voi, che siete il prediletto di Valentina, e che per vostra parte sembrate portarle un’affezione uguale, viviate con loro, dimodochè non perderete alcuna delle vostre abitudini, ed avrete soltanto due figli che vi sorveglieranno invece di una sola.
 
Il lampo dello sguardo di Noirtier divenne sanguigno... certamente passava qualche cosa di spaventoso nell’animo di [310] questo vecchio. Certamente il grido del dolore o della collera gli saliva alla gola, e non potendo scoppiare lo soffocavano, perchè il viso divenne color di porpora e le labbra livide.
 
Villefort aprì tranquillamente una finestra, dicendo:
 
— Fa troppo caldo qui, e questo calore fa male al sig. Noirtier. — Poi ritornò, ma senza sedersi.
 
— Questo matrimonio, soggiunse la sig.ª de Villefort, piace al sig. d’Épinay ed alla sua famiglia, la quale d’altra parte non si compone che di uno zio e di una zia, sua madre morì nel darlo alla luce; suo padre essendo stato assassinato morì nel 1815, cioè quando il fanciullo aveva due anni appena, egli ora non dipende che dalla sua volontà.
 
— Assassinio misterioso, disse Villefort, di cui gli autori sono rimasti sconosciuti, quantunque il sospetto si era sparso senza urtare sulla testa di molte persone.
 
Noirtier fece un tale sforzo che le labbra si contrassero come per sorridere.
 
— Ora, continuò Villefort, i veri colpevoli, quelli che sanno di aver commesso il delitto, quelli su i quali può discendere la giustizia degli uomini durante la loro vita, e la giustizia di Dio dopo la loro morte, sarebbero ben felici di essere nel nostro posto, e di avere una figlia da offrire al sig. Franz d’Épinay per ispegnere fino nell’apparenza questo sospetto.
 
Noirtier si era placato con una di quelle forze che non sarebbesi potuto aspettare da questa organizzazione quasi scomposta. — Sì, comprendo, rispose egli con uno sguardo a Villefort, e questo sguardo esprimeva ancora lo sdegno profondo e la collera intelligente. Villefort dal suo lato, rispose a questo sguardo, nel quale aveva letto ciò che contenevasi, con una leggera stretta di spalle.
 
Indi fece segno a sua moglie di alzarsi.
 
— Ora signore, disse la sig.ª de Villefort, aggradite il nostro rispetto. Permettete che Edoardo venga a presentarvi i suoi ossequi? — Erasi convenuto che il vecchio esprimeva la sua approvazione chiudendo gli occhi, ed il suo rifiuto socchiudendoli a più riprese, e quando li alzava al cielo era segno che aveva qualche desiderio da esprimere. Quando chiedeva di Valentina serrava l’occhio dritto; se domandava di Barrois chiudeva l’occhio sinistro. Alla proposizione della sig.ª de Villefort socchiuse vivamente gli occhi.
 
Questa riconoscendo l’evidente rifiuto si morse le labbra:
 
— Vi manderò dunque Valentina, disse allora.
 
— Sì, fece il vecchio chiudendo gli occhi con vivacità.
 
I signori de Villefort salutarono il vecchio ed uscirono ordinando che si chiamasse Valentina, di già avvisata che avrebbe avuto qualche cosa da fare nella giornata presso il signor Noirtier. Quando uscirono entrava Valentina ancor tutta color di rosa per la emozione provata. Non le fu bisogno che di uno sguardo per capire come soffriva il nonno e quante cose avrebbe avuto a dirle.
 
— Oh! buon papà, gridò ella, e che cosa ti è dunque accaduto. Ti hanno afflitto, n’è vero, tu sei in collera.
 
— Sì, fece egli chiudendo gli occhi.
 
— Contro chi dunque? Contro mio padre?... no, contro la sig.ª di Villefort?... no, contro di me? — Il vecchio fece segno di sì. — Contro di me? riprese Valentina maravigliata.
 
Il vecchio rinnovò il segno affermativo. — E che cosa ti ho dunque fatto, caro e buon papà? gridò Valentina.
 
Non vi fu alcuna risposta, ella continuò: — Io non ti ho veduto nella giornata, ti hanno dunque riportata qualche cosa sul conto mio.
 
— Sì; disse lo sguardo del vecchio con vivacità.
 
— Vediamo dunque. Mio Dio! ti giuro, buon padre... ah!... il sig. e la sig.ª de Villefort escono di qui, n’è vero?
 
— Sì. — Ed essi ti han detto queste cose che ti dispiacciono? Vuoi che io vada a domandarle a loro, per avere il mezzo di scusarmi teco?
 
— No, no, fece lo sguardo.
 
— Ma tu mi spaventi, che ti han potuto dire?
 
Ed ella cercava. — Oh! l’ho indovinato, disse abbassando la voce ed avvicinandosi al vecchio. Ti hanno forse parlato del mio matrimonio?
 
— Sì, replicò lo sguardo corrucciato.
 
— Capisco, tu l’hai meco pel mio silenzio. Oh! vedi, fu perchè mi avevano raccomandato di non dirti niente, perchè nulla mi avevano detto, e che soltanto aveva strappato di soppiatto qualche parola per indiscretezza, ecco perchè sono stata così riservata teco. Perdonami buon papà Noirtier.
 
Ritornato fisso ed immobile lo sguardo sembrava rispondere, non è soltanto il tuo silenzio che mi affligge.
 
[311]
— Che cosa è dunque? domandò la giovinetta, credi forse che io possa abbandonarti, buon padre, e che il mio matrimonio mi renda smemorata?
 
— No, disse il vecchio.
 
— Allora ti hanno detto, che il sig. d’Épinay acconsentiva che dimorassimo insieme. — Sì. — Allora perchè sei in collera? — Gli occhi del vecchio assunsero un’espressione d’infinita dolcezza. — Sì, capisco; disse Valentina, perchè mi ami. — Il vecchio fece segno di sì. — E temi ch’io sia disgraziata? — Sì. — Tu non ami il sig. Franz?
 
Gli occhi ripeterono tre o quattro volte: — No, no, no.
 
— Ma sei molto afflitto buon padre? Ebbene, ascolta, disse Valentina mettendosi in ginocchio davanti a Noirtier e passandogli le braccia intorno al collo, io pure sono molto afflitta, poichè io pure non amo il sig. Franz d’Épinay.
 
Un baleno di gioia passò avanti gli occhi del nonno.
 
— Quando volli ritirarmi in convento, ti ricordi di essere stato tanto in collera meco? — Una lagrima inumidì l’arida palpebra del vecchio. — Ebbene, continuò Valentina, lo faceva per isfuggire questo matrimonio che è la mia disperazione. — Il respiro di Noirtier divenne anelante.
 
— Allora questo matrimonio ti fa gran dispiacere, buon padre. Oh! mio Dio! se tu potessi aiutarmi, se noi due potessimo rompere il loro disegno. Ma sei senza forza contro essi, tu che hai uno spirito così vivo, e una volontà così ferma; ma quando si tratta di lottare sei tanto debole, ed anzi più debole, che non sono io. Ohimè! Saresti stato per me un protettore possente nei giorni della tua forza e della tua salute, ma ora non puoi fare altro che capirmi, e rallegrarti, o affliggerti meco; questa è l’ultima fortuna che Iddio ha voluto lasciarmi insieme con le altre.
 
A queste parole vi fu negli occhi di Noirtier una tale espressione di malizia e di profondità che la giovinetta credè leggervi queste parole: — T’inganni, posso ancor molto per te. — Puoi qualche cosa per me, caro e buon papà? tradusse Valentina. — Sì. — Noirtier alzò gli occhi al cielo. Questo era il segnale convenuto fra lui e Valentina, quando aveva bisogno di qualche cosa.
 
— Che vuoi, caro padre, vediamo? — Valentina cercò un momento nel suo spirito, espresse ad alta voce i suoi pensieri a seconda che essi si presentavano, e vedendo che a tutto quello che poteva dire, il vecchio rispondeva costantemente di no:
 
— Andiamo, fec’ella, ricorriamo ad altri mezzi giacchè sono così stupida! — Allora recitò una dopo l’altra tutte le lettere dell’alfabeto, dall’a fino alla n, mentre che il suo sorriso interrogava l’occhio del paralitico, alla lettera n Noirtier fece segno di sì. — Ah! disse Valentina la cosa dunque che desiderate comincia dalla lettera n, ebbene vediamo ciò che si deve aggiungere alla lettera n. Na, ne, ni, no... — Sì, sì, sì, fece il vecchio — Ah! è no. — Sì. — Valentina andò a cercare un dizionario che posò sul leggio davanti a Noirtier; ella l’apri e quando ebbe veduti gli occhi del vecchio fissarsi su i fogli, il suo dito scorse rapidamente le colonne dell’alto al basso. L’esercizio (da sei anni Noirtier era caduto nel tristo stato in cui si ritrovava), le aveva rese le prove così facili, ed indovinava così presto il pensiero del vecchio, come egli stesso lo avrebbe potuto cercare in un dizionario.
 
Alla parola notaro Noirtier le fece segno di fermarsi.
 
— Notaro, diss’ella, vuoi un notaro, buon papà?
 
Il vecchio fece segno che desiderava effettivamente un notaro.
 
— Bisogna dunque mandare a cercare un notaro? domandò Valentina. — Sì, fece il paralitico. — Mio padre deve saperlo? — Sì. — Hai fretta di avere questo notaro?
 
— Sì. — Allora vado per fartelo cercare sul momento, caro padre. È forse questo tutto ciò che vuoi? — Sì.
 
Valentina corse al campanello e chiamò un domestico per far venire il sig. e la sig.ª de Villefort in camera del nonno.
 
— Sei tu contento, disse Valentina? Sì, lo credo bene! non è molto facile a trovar ciò. — E la giovinetta sorrise al vecchio come lo avrebbe fatto ad un fanciullo.
 
Il sig. de Villefort rientrò condotto da Barrois.
 
— Che volete, signore? domandò al paralitico.
 
— Mio nonno disse Valentina, domanda un notaro.
 
A questa strana e soprattutto inattesa domanda il sig. de Villefort scambiò uno sguardo col paralitico.
 
— Sì, fece quest’ultimo con una fermezza che indicava, che con l’aiuto di Valentina, e del servitore che già sapeva ciò che desiderava, era pronto a sostenere la lotta.
 
[312]
— Voi domandate il notaro? ripetè Villefort. — Sì.
 
— Per che farne? — Noirtier non rispondeva.
 
— Ma perchè avete bisogno di notaro? domandò Villefort.
 
— Ma finalmente, disse Barrois pronto ad insistere con quella perseveranza abituale ai vecchi domestici, se il signore vuole un notaro, è perchè apparentemente ne ha bisogno. Così lo vado a cercar subito.
 
Barrois non conosceva altro padrone che Noirtier, e non ammetteva che la sua volontà fosse contestata menomamente.
 
— Sì, voglio un notaro, fece il vecchio chiudendo gli occhi con un aria di sfida, e come se avesse detto, vediamo un poco se vi sarà qualcuno che osi opporsi a ciò che voglio.
 
— Vi sarà un notaro, poichè ne volete assolutamente uno signore, ma mi scuserò con lui, e scuserò voi stesso perchè la scena sarà molto ridicola.
 
— Non importa, disse Barrois, vado subito a cercarlo.
 
Ed il vecchio uscì trionfante.

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