CI trovavamo (quindici o venti passeggieri di prima classe) sul ponte d'uno de' più bei piroscafi del Florio, durante la traversata da Livorno a Genova.
Il sole era appena tramontato, ma l'occidente era ancora pieno di luce; spirava una brezza tepida e soave. Gli uomini fumavano; le signore contemplavano il cielo lontano e il mare tranquillo; due sposi si guardavano teneramente negli occhi.
Qualcheduno ebbe la malaugurata idea di parlare d'un sinistro marittimo successo pochi giorni prima nella Manica. Un signore ufficioso soggiunse:—Ho qui in tasca un giornale francese pieno di particolari strazianti.
Da due o tre parti si cominciò a dire:—Legga, legga.—E il signore ufficioso non si fece pregare, e spiegando il foglio lesse una diffusa descrizione del lugubre fatto, il quale può riassumersi in brevi parole. Nel cuor della notte, a cinque o sei miglia da Douvres, un vapore mercantile inglese aveva squarciato il fianco d'un vapore tedesco carico d'emigrati e lo aveva mandato a picco[1] in meno d'un quarto d'ora. Su seicento persone se n'erano salvate centocinquanta al più. Erano perite intere famiglie. Il vapore inglese, dopo aver messo in mare le imbarcazioni e aver raccolto quanti più naufraghi avea potuto, era stato costretto a riparare in un porto molto malconcio. S'era aperta una delle solite inchieste.
A questa lettura tennero dietro i commenti che parevano non voler più finire.
—Che tragedia!
—Ma! Pare impossibile che con un po' di prudenza non si debbano evitare simili disgrazie.[Page 57]
—Ci sono pericoli tanto in terra quanto in mare.
—A pensarci su troppo non ci si muoverebbe mai di casa.
—Eh, anche in casa i guai ci capiterebbero addosso quando meno ce li aspettassimo.
—Una buona dose di fatalismo è indispensabile nella vita.
Queste profonde considerazioni furono interrotte da un viaggiatore nervoso il quale disse:—Non si potrebbe mutar discorso?