—Ma no, cara signora,—le risposi coll'accento della più profonda sincerità.—Le giuro che ammiro davvero la sua maniera di parlare, che vorrei parlare io come lei, che vorrei saper scrivere come lei parla. Che c'è da stupirsi? Non lo sa che i fiorentini parlano meglio degli italiani delle altre provincie? Non l'ha mai inteso dire? Mi piace sentir parlare l'italiano da lei come mi piacerebbe sentir parlare il francese da un parigino. Mi piace perchè lei parla con naturalezza, perchè pronunzia bene, perchè io imparo. Ne vuole una prova? Guardi questi fogli.
E le misi sott'occhio alcuni fogli sui quali avevo notato una lunga filza dei suoi modi di dire.
Guardò, sorrise, poi sospettò daccapo e mi disse che non sapeva capire che cosa io trovassi di particolare in quelle parole.—Qualunque mercatino,—soggiunse,—è in caso di dirgliele tali e quali.[Page 97]
Nondimeno, a poco a poco, finì per persuadersi che mi divertivo davvero a sentirla parlare perchè parlava bene.
Ma trovavo sempre mille difficoltà a farmi capire quando volevo saper qualche cosa di preciso in fatto di lingua.—Come direbbe lei,—le domandavo,—per dire che piove forte?—Gua!—mi rispondeva,—direi che piove forte.—Io ripetevo la domanda in un'altra forma.—Ah! ho capito!—esclamava.—Chi si volesse spiegare in un'altra maniera potrebbe anco dire che piove a rovescio, a catinelle; a orciuoli, a ciel rotto; ognuno può dire come gli piace, non c'è regola fissa.
Un giorno le diedi un mio libro.—L'ha scritto lei?—mi domandò.—Sì,—risposi.—Tutto di suo pugno?—Tutto di mio pugno.—Lo tenne due o tre giorni e vidi che lo leggeva. Quando me lo restituì, mi disse:—Bravo! mi son divertita; si vede che è un buon figliuolo. E poi mi piacque anche lo stile.
A poco a poco mi prese a voler bene, mi parlava lungamente della buon'anima di suo marito, delle sue amiche, del caro dei viveri, delle tasse, del lotto, dei suoi malanni, della religione, sempre colla stessa grazia e colla stessa dolcezza. Ma specialmente quando parlava della sua disgrazia d'esser rimasta sola al mondo e diceva che la notte, non potendo dormire, pensava, pensava, fin che si metteva a piangere, aveva parole così dolci, così schiette, così poetiche, che mi stringeva il cuore, e nello stesso tempo provavo una specie di voluttà artistica a sentirla. Mentre essa parlava la sua bella lingua, io, appoggiato alla finestra della sua cameretta guardavo il campanile di Giotto dorato dalla luce del tramonto, e provavo uno struggimento d'amore per Firenze.
Una sera, ch'ero già a letto, s'affacciò alla porta e disse con voce commossa:—Ah! figliuol mio! bisogna proprio credere, sa, che c'è un Dio! Questa sera il predicatore ha detto che tutti i grandi uomini ci hanno creduto,—e Dante e Galileo[Page 98] e Colombo,—ne avrà citati più di cinquanta. E ha conciato per le feste[5] quelli che dicono che il mondo l'ha fatto il caso! Il caso! E dire che son gente che ha studiato! Io che sono una povera donna capisco che è una corbelleria. Se lo studio non dovesse portare altri frutti! Ma lei, benchè studi, non le pensa queste cose, non è vero, figliuolo? Dica un po': ci crede lei al caso?
—No, cara padrona,—le risposi;—io credo in Dio.