Trattandosi d'una sola notte non m'ero fatto dare una cabina neppur io: m'ero scelto invece un buon posto sul divano e vi avevo deposto il mio plaid e il mio mantello per acquistarmi quello che i giureconsulti chiamano diritto d'usucapione.
Prima di coricarmi risalii sopra coperta affine di vedere lo stato del cielo. Non erano successe notevoli variazioni; però le nuvole s'erano avanzate alquanto sull'orizzonte e lampeggiava con maggiore frequenza. Anche il rullio del piroscafo era divenuto più sensibile.
Comunque sia, io non tardai a sdraiarmi sul divano col mio plaid arrotolato sotto il capo e il mio soprabito sui piedi. Quattro o cinque passeggieri erano già addormentati; il tenorino russava profondamente poco distante da me.
Un marinaio spense tutti i lumi meno uno.
Rimasi alcuni minuti supino con gli occhi aperti ascoltando con curiosità i vari rumori del piroscafo in movimento, i colpi secchi e regolari dell'elice, l'ansar della macchina, lo scricchiolio dello scafo, il tintinnio dei vetri, il sordo borbottare dell'acqua che spumeggia rabbiosa lungo la carena. Alla fine la stanchezza mi vinse, sentii un gran peso alle palpebre e pigliai sonno.
Non so per quanto tempo dormissi; so che uno scroscio violento, uno strepito di cristalli infranti mi fece sbarrar gli occhi spaventato. E al fioco raggio del lume che ardeva ancora vidi ogni cosa traballare intorno a me, e altre figure sonnacchiose come la mia sollevarsi a mezzo sul divano e guardarsi in giro atterrite. Una campana che suonava a distesa ci avvertì di un pericolo imminente; urli disperati si alzarono da ogni parte. Qualcheduno disse:—Tutti sopra coperta, tutti sopra coperta.—Mezzo svestito com'ero mi precipitai verso la scaletta ove s'accalcavano uomini in camicia, donne scapigliate, discinte, alcune delle quali si trascinavano dietro o tenevano[Page 61] in collo dei bambini quasi ignudi, cascanti dal sonno. E chi gridava, e chi piangeva, e chi si raccomandava al Signore, e chi bestemmiava, e chi domandava con piglio istupidito:—Cos'è? Cos'è stato?[5]
Delle torcie a vento accese sul ponte rischiaravano il lugubre spettacolo. Il cielo era nuvoloso e solcato da spessi lampi; ma con mio stupore il mare si conservava abbastanza tranquillo, nè io sapevo rendermi conto di ciò che era avvenuto. C'eravamo scontrati con un altro vapore? Avevamo urtato contro uno scoglio? Mistero.
Certo si è che il capitano con aspetto risoluto, ma bianco come un lenzuolo, circondato da una dozzina di marinai, gridava con voce stentorea:—Subito le lancie in mare.—Riuscii a farmi strada fino a lui e a chiedergli di che si trattasse. Egli mi guardò con un sorriso che mi rimescolò il sangue e rispose freddamente:—Il vapore ha investito in un banco e sarà sommerso in venti minuti. Se i passeggieri avranno giudizio, è sperabile di salvarne due terzi.
—E l'altro terzo?
Il capitano tornò a sorridere: poi mi disse:—Nell'altro terzo ci sarò anch'io.
E si voltò a dar de' nuovi ordini.