Pin è armato: sente la pistola sotto la giacchetta e ci mette una mano
sopra, come se gliela volessero portar via.
- Ne avete armi, voi? - chiede.
- Non ci stare a pensare, - fa il Giraffa. - Tu pensa a quella pistola del
tedesco, siamo intesi.
Pin rizza gli orecchi; ora dirà: indovinate, dirà.
- Guarda un po' di non perderla d'occhio, se ti capita sottomano...
Non è come Pin avrebbe voluto, perché importa loro tanto poco, adesso?
Vorrebbe non aver ancora preso la pistola, vorrebbe tornar dal tedesco e
rimetterla al suo posto.
- Per una pistola, - dice Miscèl, - non vai la pena rischiare. Poi è un
modello antiquato: pesante, s'inceppa.
- Intanto, - dice Giraffa, - bisogna far vedere al comitato che facciamo
qualcosa, questo è importante -. E continuano a parlottare sottovoce.
Pin non sente più niente: ormai è sicuro che non darà loro la pistola; ha i
lucciconi agli occhi e una rabbia gli stringe le gengive. I grandi sono una
razza ambigua e traditrice, non hanno quella serietà terribile nei giochi
propria dei ragazzi, pure hanno anch'essi i loro giochi, sempre più seri, un
gioco dentro l'altro che non si riesce mai a capire qual è il gioco vero.
Prima sembrava che giocassero con l'uomo sconosciuto contro il tedesco,
adesso da soli contro l'uomo sconosciuto, non
ci
si può mai fidare di quel
che dicono.
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