PADOVA — Una bega tra i monaci benedettini di Praglia e la diocesi di Parenzo e Pola sta scatenando una crisi diplomatica tra Croazia e Vaticano. Nodo del contendere, l’eredità, costituita da terreni e un monastero a Dajla (in Istria), che oggi vale decine di milioni di euro. Un affare che sta provocando seri imbarazzi alla Santa Sede, tanto che da costringere Papa Benedetto XVI a intervenire personalmente. A sollevare il polverone è stata la decisione del pontefice, ufficializzata con una nota della sala stampa vaticana, di risolvere una volta per tutte una disputa legale che andava avanti da anni, tra la diocesi croata e l’abbazia veneta, attualmente guidata dall’abate Norberto Villa. Il terreno su cui sorge il monastero istriano era stato donato ai benedettini due secoli fa dal conte Francesco Grisoni, ma in seguito le proprietà a Dajla erano state nazionalizzate dal governo jugoslavo come gran parte dei beni ecclesiastici. Dopo l’indipendenza croata, nel 1999, lo Stato aveva assegnato la tenuta alla diocesi di Pola e Parenzo. Una scelta contestata dall’abbazia padovana, che aveva cercato (inutilmente) di rientrare in possesso dell’area.