E permettete a chi ammira tutte le battaglie fatte in un nome sacro, fatte anche in nome dell'ombra e della immobilità, fatte anche in nome del silenzio e del gelo, permettete che io esprima qui un senso di malinconica ammirazione per quel soldato del regresso che fu Carlo Gozzi e che lo ammiri nel suo odio, origine della sua arte e della sua vita. Questo odio, è vero, dette molti dolori a Carlo Goldoni: ma le avversità sono sempre un buono stimolo dell'ingegno che vi si tempera e vi si affina: ma ciò che si scrive sotto la sferza delle passioni, degli ostacoli, delle contrarietà vale, spesso, più dell'opera compita nella oscurità senza contrasto, tanto che vi è chi preferisce il mordace e dolente Arrigo Heine all'olimpico e maestoso Wolfango Goethe! Lo ammirerete anche voi, io spero, quando penserete che se la sua guerra ebbe effetti immediati, essi furono fallaci: quando ricorderete che egli vide perire prima di sè la sua effimera gloria, e fu postumo di sè stesso: quando noterete che il suo nome, oramai, non è rammentato che dirimpetto a Carlo Goldoni. Che dirimpetto? Ho detto male. Di lato: molto di lato: ombra, nella luce di Goldoni. Ancora palpita il mondo alle scene degli Innamorati e ancora ride alle sue Baruffe chiozzotte: ancora la Locandiera incanta gli spettatori affascinati! Gli spiriti che sparvero da questo nostro mondo, vivono di là: ma noi non sappiamo bene, come. Speriamo che essi non sappiano nulla del mondo che lasciarono: altrimenti, neppure la pace delle sfere celestiali, sarebbe una pace, pel conte Carlo Gozzi!