Oggi, la sorte dei grandi artisti è ben differente e somiglia piuttosto a quella di un usignolo che l'altro giorno morì di fame.
Era grande per tutta la terra, la gloria delle sue canzoni infinite, e ne venivano di molto lontano uomini e bestie per sentirlo: ed egli cantava con tutta l'anima, tra i rami verdi della sua gran quercia.
Ma, in mezzo ai trionfi quotidiani, sopravvenne inaspettato l'inverno.
La quercia si nudò: sotto la quercia non venne più nessuno: l'usignolo cantava tristi canzoni, e un fuoruscito, che gli offrì qualche bricciola di pane rubato, riconoscendolo, gli disse: — Sei pure un gran mammalucco a cantar canzoni patetiche alla nebbia: va e picchia alle finestre di tutti quei corbelloni che ti facevan ressa attorno quest'estate. Volesse il cielo che io fossi nei piedi tuoi, e avresti a vedere quello che saprei fare!
Ma il povero cantore, scotendo la testa malinconica rispose al vecchio bandito: — li nostro destino è uguale: tu non puoi bussare alle case degli uomini; io non voglio: e presto moriremo di fame tutti due.