La civetta d'un cacciatore aspettava l'alba coccoveggiando, legata a un davanzale, e parlava col cane che le si era acculato lì sotto. Parlavano forte per farsi sentire dal gatto che li guardava da un canto.
La civetta diceva al cane: — Fratello, tra poco il padrone ci chiamerà alle nostre fatiche quotidiane! Senti tu quanta bellezza esemplare sia nella nostra vita fatta di Sacrifizio e di Altruismo?!
— Sicuro che lo sento, sorella! — rispondeva il cane — e dico che chi non conosce la gioia dell'Offerta e del Sacrificio, non conosce la gioia più pura della vita!
— Dici bene fratello — osservava la civetta — io sono felice quando col mio canto di sirena traggo alla morte torme di garruli uccelli; e pure so che quegli uccelli non sono per me!
— E io tremo tutto di gioia, sorella, quando posso addentare la preda che mi insanguina la bocca, per donarla intatta!
A questo punto il gatto miagolò e disse: — Poichè siete pieni di tanto generoso amore del prossimo, perchè tu mia dolce civetta non ti metti a richiamar qualche passerotto, e tu magnanimo amico, non me lo prendi e me lo porti qua?...
Una interminabile risata a doppio accolse le parole del povero gatto, e ancor tra le risa la civetta e il cane gli andavano gridando a vicenda:
— Me lo dai forse tu il core che mangio ogni mattina?!
— Me lo fai tu il pan di semola?!
— Ha ben ragione il padrone quando dice che tu non capisci niente!
— Bene fece quel fratello mio che ti mozzò la coda!...
— E perchè allora non gli sbarbi tu l'altra mezza?! — strillò ultima la civetta.
Entrò il cacciatore proprio mentre il povero micio era sul punto di perdere quel po' di coda che gli restava: per non aver abbastanza meditato sulla intima essenza dell'Altruismo.