Quando vedete un serpente ammatassato giù a piè d'un bell'Eucalipto, con la testa sola a fior d'erba e gli occhi fissi in alto, come un incurabile sognatore, guardate bene su pei rami e certo vedrete qualche povero uccello tutto colori e canti esser preso a un tratto dalla malia di quegli occhi e buttarsi giù a capo fitto nella bocca che lo aspetta.
Ma noi non facciamo forse tal quale con le buone Illusioni che accorrono in frotta sull'albero sempre verde dei nostri sogni? Ci contentiamo forse di guardarle? di ascoltarle?
Oh no! Le vogliamo prendere. Le vogliamo divorare.
E sia.
Ma il serpente quando s'è ingoiato bravamente quel miracolo di colori e di canti, non dice affatto piangendo: — Oh! com'erano smaglianti quelle piume! Oh! com'era dolce quel canto! Me misero, ch'io non l'udrò mai più; Sciagurato ch'io ho distrutto da me stesso il mio bene!
Il serpente, animale logico, è contentone d'esserselo mangiato e ne aspetta tranquillamente un altro.