E qui il meraviglioso, cominciato con l'apparizione sorprendente di quel cancelliere degli spiriti, lettore di stranissime sentenze, che è uno stregone o [112]una fata, questo meraviglioso si esplica, ampiamente, turbando la mente e la esistenza dei personaggi gozziani. Oramai tutte le leggi comuni della natura sono sciolte: il tempo, lo spazio non esistono più: i tre mondi si confondono: le belve parlano, l'acqua canta e suona, i morti leggono dei libri, le donne diventano uomini e gli uomini si mutano in istatue. Così, anche nel mondo morale degli affetti, tutto si sconvolge, gli amanti più folli vilipendono le amate, le mogli scacciano i mariti che adorano, le madri gittano nelle fornaci i figli. Tutto accade: tutto, cioè quello che è strano, ma anche quello che è impossibile, viaggi di migliaia di miglie in poche ore, risurrezione [113]di morti, ringiovanimento di vegliardi, palazzi sorti in una notte e crollati in un minuto, battaglie combattute in un attimo e in meno di un attimo perdute o vinte. A traverso questi paesaggi stupefacenti, questi mondi disorganizzati e folli, questi prodigi impensati e inauditi, questi sentimenti escogitati e contradittorii, gli eroi e le eroine di Carlo Gozzi seguitano la loro terribile vita di tormenti, affrontando tutti gli ostacoli e sopportando tutte le pene, agonizzando di dolore o di stanchezza, invocando il cielo, imprecando al cielo, passando per tutti gli stadii più alti della disperazione: la loro esistenza non somiglia più a quella di nessuna creatura umana, ed essi vanno, [114]vanno, dominati dal Fato, in lotta con esso, impari lotta con un potere così forte e così segreto.
Il nobile e appassionato eroe, la dolce e amorosa eroina teneramente conversano d'amore, Truffaldino e Brighella scambiano i soliti lazzi sul loro famoso appetito e sulla loro famosa poltronaggine, quando un tremuoto scuote la scena, tuona, lampeggia e innanzi agli occhi stupefatti della coppia sentimentale, innanzi alle due maschere popolari appare un negromante, o una fata, o un genio, o una statua che con tono fatidico pronuncia una sentenza [110]crudele contro la felicità degli innamorati, sacrandoli a un imminente avvenire di lacrime e di disperazione. La radice di questa sentenza è in qualche antico delitto commesso dal padre o dal fratello dell'eroe e che costui deve amaramente scontare; è in qualche misteriosa secolare pena che uno spirito superiore va espiando e per la cui fine è necessario il sacrificio e, talvolta, la morte dell'eroina; è in una contingenza bizzarra di fati avversi per cui, quasi senza ragione, i due fedeli debbono vedere ferocemente contrastato e forse ucciso il loro amore. Le anime dell'eroe e della eroina cercano ribellarsi subito al dolore, alla divisione, alla miseria: ma è una ribellione debole [111]e breve: l'uomo, la donna, chinano il capo e si apprestano alla gran pruova, anzi alle grandi pruove, giacchè il destino, per bocca di una di queste statue, di queste maghe, di questi genii, chiede loro cose complicate, lunghe, terribili, che confinano con l'impossibile, che, spesso, sono impossibili. Chinano il capo: e le maschere, loro servi, loro confidenti, loro ministri, si abbandonano alle più meste facezie, alle burlette più funebri, seguendo anche essi la sorte atroce dell'eroe e dell'eroina.