Italo Calvino
Il sentiero dei nidi di ragno
Con la prefazione dell’autore
V. 1.0
SEGNALARE EVENTUALI ERRORI A:
Saranno corretti nella prossima versione.
Questo romanzo è il primo che ho scritto; quasi posso dire la prima cosa che ho
scritto, se si eccettuano pochi racconti. Che impressione mi fa, a riprenderlo in mano
adesso? Più che come un'opera mia lo leggo come un libro nato anonimamente dal
clima generale d'un'epoca, da una tensione morale, da un gusto letterario che era
quello in cui la nostra generazione si riconosceva, dopo la fine della Seconda Guerra
Mondiale.
L'esplosione letteraria di quegli anni in Italia fu, prima che un fatto d'arte, un fatto
fisiologico, esistenziale, collettivo. Avevamo vissuto la guerra, e noi più giovani - che
avevamo fatto appena in tempo a fare il partigiano - non ce ne sentivamo
schiacciati, vinti, ? bruciati ?, ma vincitori, spinti dalla carica propulsiva della
battaglia appena conclusa, depositari esclusivi d'una sua eredità. Non era facile
ottimismo, però, o gratuita euforia; tutt'altro: quello di cui ci sentivamo depositari era
un senso della vita come qualcosa che può ricominciare da zero, un rovello
problematico generale, anche una nostra capacità di vivere lo strazio e lo sbaraglio;
ma l'accento che vi mettevamo era quello d'una spavalda allegria. Molte cose
nacquero da quel clima, e anche il piglio dei miei primi racconti e del primo romanzo.