Non che fossi cosi culturalmente sprovveduto da non sapere che l'influenza della
storia sulla letteratura è indiretta, lenta e spesso contraddittoria; sapevo bene che tanti
grandi avvenimenti storici sono passati senza ispirare nessun grande romanzo, e
questo anche durante il ? secolo del romanzo ? per eccellenza; sapevo che il grande
romanzo del Risorgimento non è mai stato scritto... Sapevamo tutto, non eravamo
ingenui a tal punto: ma credo che ogni volta che si è stati testimoni o attori d'un'epoca
storica ci si sente presi da una responsabilità speciale...
A me, questa responsabilità finiva per farmi sentire il tema come troppo
impegnativo e solenne per le mie forze. E allora, proprio per non lasciarmi mettere in
soggezione dal tema, decisi che l'avrei affrontato non di petto ma di scorcio. Tutto
doveva essere visto dagli occhi d'un bambino, in un ambiente di monelli e vagabondi.
Inventai una storia che restasse in margine alla guerra partigiana, ai suoi eroismi e sa-
crifici, ma nello stesso tempo ne rendesse il colore, l'aspro sapore, il ritmo...'
Questo romanzo è il primo che ho scritto. Come posso definirlo, ora, a riesaminarlo
tanti anni dopo? (Devo ricominciare da capo. M'ero cacciato in una direzione
sbagliata: finivo per dimostrare che questo libro era nato da un'astuzia per sfuggire
all'impegno; mentre invece, al contrario...) Posso definirlo un esempio di ? letteratura
impegnata ?. nel senso più ricco e pieno della parola. Oggi, in genere, quando si parla
di ? letteratura impegnata ? ci se ne fa un'idea sbagliata, come d'una letteratura che
serve da illustrazione a una tesi già definita a priori, indipendentemente
dall'espressione poetica. Invece, quello che si chiamava l'? engagement ?, l'impegno,
può saltar fuori a tutti i livelli; qui vuole innanzitutto essere immagini e parola, scatto,
piglio, stile, sprezzatura, sfida.