I. C. Giugno 1964.
Il sentiero dei nidi di ragno
A Kim, e a tutti gli altri
I.
Per arrivare fino in fondo al vicolo, i raggi del sole devono scendere diritti
rasente le pareti fredde, tenute discoste a forza d'arcate che traversano la
striscia di cielo azzurro carico.
Scendono diritti, i raggi del sole, giù per le finestre messe qua e là in
disordine sui muri, e cespi di basilico e di origano piantati dentro pentole
ai davanzali, e sottovesti stese appese a corde; fin giù al selciato, fatto a
gradini e a ciottoli, con una cunetta in mezzo per l'orina dei muli.
Basta un grido di Pin, un grido per incominciare una canzone, a naso
all'aria sulla soglia della bottega, o un grido cacciato prima che la mano di
Pietromagro il ciabattino gli sia scesa tra capo e collo per picchiarlo,
perché dai davanzali nasca un'eco di richiami e d'insulti.
- Pin! Già a quest'ora cominci ad angosciarci! Cantacene un po' una, Pin!
Pin, meschinetto, cosa ti fanno? Pin, muso di macacco! Ti si seccasse la
voce in gola, una volta! Tu e quel rubagalline del tuo padrone! Tu e quel
materasso di tua sorella!
Ma già Pin è in mezzo al carrugio, con le mani nelle tasche della giacca
troppo da uomo per lui, che li guarda in faccia uno per uno senza ridere:
- Di' Celestino, sta' un po' zitto, bel vestito nuovo che hai. E-di', quel
furto di stoffa ai Moli Nuovi, poi, non si sa ancora chi sia stato? Be', che
c'entra. Ciao Carolina, meno male quella volta. Si, quella volta meno male
tuo marito che non ha guardato sotto il letto. Anche tu, Pasca, m'han detto
che è successo proprio al tuo paese. Sì, che Garibaldi ci ha portato il
sapone e i tuoi paesani se lo son mangiato. Mangiasapone, Pasca,
mondoboia, lo sapete quanto costa il sapone?