Pin ha una voce rauca da bambino vecchio: dice ogni battuta a bassa
voce, serio, poi tutt'a un tratto sbotta in una risata in
i
che sembra un
fischio e le lentiggini rosse e nere gli si affollano intorno agli occhi come
un volo di vespe.
A canzonare Pin c'è sempre da rimettere: conosce tutti i fatti del carrugio
e non si sa mai cosa va a tirar fuori. Mattina e sera sotto le finestre a
sgolarsi in canzoni e in gridi, mentre nella bottega di Pietromagro la
montagna di scarpe sfondate tra poco seppellisce il deschetto e trabocca in
istrada.
- Pin! Macacco! Muso brutto! - gli grida qualche donna. - Mi risuolassi
quelle ciabatte invece di starci ad angosciare tutto il giorno! ? un mese che
le avete lì nel mucchio. Lo dirò un po' io al tuo padrone, quando lo
metteranno fuori!
Pietromagro passa metà dell'anno in prigione, perché è nato disgraziato e
quando c'è un furto nei dintorni finiscono sempre per mettere dentro lui.
Torna e vede la montagna di scarpe sfondate e la bottega aperta senza
dentro nessuno. Allora si siede al deschetto, piglia una scarpa, la gira, la
rigira, la ributta nel mucchio; poi si prende la faccia pelosa tra le mani
ossute, e sacramenta. Pin arriva fischiando e ancora non sa niente: ed ecco
che si trova davanti Pietromagro con quelle mani già alte nell'aria e quelle
pupille incorniciate di giallo e quella faccia nera di barba corta come pelo
di cane. Grida, ma Pietromagro l'ha acciuffato e non lo molla; quando è
stanco di picchiarlo lo lascia in bottega e s'infila all'osteria. Per quel giorno
nessuno lo rivede.