Pin è preso da spavento prima, e poi da gioia: tutto è stato cosi bello e
l'odore della polvere è così buono. Ma la cosa che lo spaventa davvero è
che le rane tacciono d'improvviso, e non si sente più niente come se quello
sparo avesse ucciso tutta la terra. Poi una rafia, molto distante, ricomincia
a cantare, e poi un'altra più vicina, e altre più vicine ancora, finché il coro
riprende e a Pin sembra gridino più forte, molto più forte di prima. E dalle
case un cane abbaia e una don-na si mette a chiamare dalla finestra. Pin
non sparerà più perché quei silenzi e quei rumori gli fanno paura. Però
un'altra notte tornerà e non ci sarà nulla che potrà spaventarlo e allora
sparerà tutti i colpi della pistola anche contro i pipistrelli e i gatti che
girano a quell'ora intorno ai pollai.
Ora bisogna trovare un posto dove nascondere la pistola: il cavo d'un
albero d'ulivo; o meglio: sotterrarla, o meglio ancora scavare una nicchia
nella parete erbosa dove sono i nidi di ragno e coprire tutto con terriccio ed
erba. Pin scava con le unghie in un punto dove il terriccio è già tutto
corroso dalle fitte gallerie dei ragni, ci mette dentro la pistola nella fondina
sfilata dal cinturone, e copre tutto con terriccio ed erba, e pezzi di parete di
tana, biascicati dalle bocche dei ragni. Poi mette delle pietre in modo che
lui solo possa riconoscere il
posto, e va via frustando i cespugli con la
cinghia del cinturone. La via del ritorno è per i beudi, i piccoli canali sopra
il fossato con una stretta linea di pietre per camminarci.
Pin andando trascina la coda del cinturone nell'acqua della cunetta e
fischia per non sentire quel gracidio di rane che sembra s'amplifichi di
momento in momento.