Pietromagro è diverso anche nel parlare: - Pin! sei anche tu qui, Pin! -
dice con una voce rauca, lamentosa, senza più imprecazioni; e si vede che
anche lui è contento di incontrarlo. Prende Pin per i polsi, ma non come
una volta per storcerglieli; lo guarda con le pupille incorniciate di giallo: -
Sono malato, - dice, - sono molto malato, Pin. Questi bastardi non mi
vogliono mandare all'infermeria. Qui non si capisce più niente: ormai non
ci son più che detenuti politici e un giorno o l'altro finiscono per scambiare
anche me per un politico, e mi mettono al muro.
- A me m'hanno battuto, - dice Pin e mostra i segni.
- Allora sei un politico, - fa Pietromagro.
- Sì, sì, - dice Pin, - politico.
Pietromagro ci sta pensando su. - Sicuro, sicuro, politico. Già pensavo a
vederti qui che tu avessi cominciato a razzolare nelle prigioni. Perché
quando uno comincia una volta a finire in prigione, non ci si leva più, tante
volte lo metteranno fuori tante volte tornerà a cascarci. Certo se sei
politico è un altro conto. Vedi, se l'avessi saputo, da giovane mi sarei
messo nei politici anch'io. Perché a fare i reati comuni non si risolve niente
e chi ruba poco va in galera e chi ruba tanto ha le ville e i palazzi. A fare i
reati politici si va in galera come a fare i reati comuni, chiunque fa
qualcosa va in galera, ma se non altro c'è la speranza che un giorno ci sia
un mondo migliore, senza più prigioni. Questo me l'ha assicurato un
politico che era in prigione con me tanti anni fa, uno con la barba nera, che
c'è morto. Perché io ho conosciuto comuni, ho conosciuto annonari, ho
conosciuto fiscali, ho conosciuto tutte le specie d'uomini: ma bravi come i
politici non ne ho conosciuto.