- Si, - dice Pin. Pietromagro si guarda nell'interno della camicia, poi ne
da un lembo a Pin.
- Guarda bene nelle cuciture, - dice. Togliere i pidocchi a Pietromagro
non è una cosa divertente, ma Pietromagro fa pietà, cosi con le vene piene
di piscio giallo e forse avrà poco tempo da vivere, ormai.
- La bottega, come va la bottega? - chiede Pietromagro. Né il padrone né
il garzone hanno mai amato molto il lavoro, ma adesso cominciano a
discorrere del lavoro rimasto arretrato,- del prezzo del cuoio e dello spago,
di chi aggiusterà le scarpe al vicinato, ora che sono dentro tutti e due.
Stanno seduti sulla paglia in un angolo della cella, schiacciando i pidocchi,
e parlando di risuolature, di cuciture, di brocchette, senza inveire contro il
loro lavoro, cosa mai successa in vita loro.
- Di', Pietromagro, - fa Pin, - perché non mettiamo un laboratorio da
ciabattino nella prigione, per fare le scarpe ai carcerati?
Pietromagro non ci aveva mai pensato, una volta andava volentieri in
prigione perché poteva mangiare senza far niente. Ma ora la cosa gli
piacerebbe, forse se potesse lavorare non si sentirebbe nemmeno tanto
malato.
- Si può provare a far la domanda. Tu ci staresti? Si, Pin ci starebbe, il
lavoro fatto cosi sarebbe una cosa nuova, una cosa scoperta da loro,
divertente come un gioco, e anche stare in prigione non sarebbe
spiacevole, insieme a Pietromagro che non lo picchierebbe più e cantare
canzoni ai carcerati e ai secondini.