Questo è quanto piacerebbe sapere a tutti noi. Forse il professor Leidner avrebbe potuto rispondere a quella domanda, ma soltanto lui... Padre Lavigny mi fissò coi suoi occhi scuri e brillanti.
«E un ambiente strano, questo, non è vero? Oppure lo trovate assolutamente normale?»
«No, assolutamente normale no» risposi. «Ci si sta abbastanza bene dal punto di vista materiale, ma c'è qualcosa che non lascia tranquilli.»
«Io vi confesso che sono addirittura preoccupato. Ho idea che stia maturando qualcosa. Il professor Leidner è molto cambiato. C'è qualcosa che lo preoccupa.»
«La salute di sua moglie?»
«Forse. Ma c'è altro... Come dire? Un disagio... Sì, proprio così: un senso di disagio generale.»
C'interrompemmo vedendo il professor Leidner che si avvicinava. Lui mi condusse a vedere la tomba di un bambino appena scoperta. Una cosa piuttosto commovente: quegli ossicini, un paio di vasi e degli oggettini che — mi disse il professore — avevano formato una collana. Quelli che mi fecero proprio ridere furono gli operai. Mai visto una compagnia di spaventapasseri simili, tutti cenci svolazzanti, e con la testa fasciata come avessero il mal di denti Ogni tanto, poi, mentre se ne andavano avanti e indietro portando cesti di terra, si mettevano a cantare — suppongo almeno che intendessero cantare — una strana, monotona cantilena che saliva e scendeva senza posa. Notai che tutti avevano orribili occhi cisposi; due o tre, anzi, sembravano quasi ciechi.
Stavo proprio pensando ch'erano un branco di miserabili, quando il professor Leidner disse: «Magnifici tipi, vero?». Ed io pensai quanto fosse strano il mondo, e come due persone potessero vedere la stessa cosa in modo completamente diverso. Non mi sono espressa molto bene, ma spero di essermi fatta capire egualmente.
Dopo un po', il professore disse che tornava a casa a bere una tazza di tè e io lo accompagnai. Strada facendo, anche lui mi illustrò gli scavi, ma, con lui, le cose andavano molto diversamente: anch'io, ora, vedevo, vedevo le strade, le case, i negozi... mi mostrò i forni dove gli antichi cuocevano il pane e mi disse che tuttora gli arabi usano lo stesso tipo di forni
A casa trovammo la signora Leidner, che aveva un aspetto migliore del giorno prima. Il tè venne servito quasi subito e il professore se ne tornò al lavoro, dopo aver illustrato a sua moglie le scoperte fatte quel giorno. La signora mi chiese se avrei visto volentieri gli oggetti trovati sino a quel giorno; naturalmente risposi di «sì» e venni condotta nella camera delle antichità. C'era molta roba in giro, soprattutto vasi rotti e altri aggiustati. Sembrava roba buttata via.
«Guarda, guarda!» dissi. «E un peccato che siano così rotti, non è vero? E val proprio la pena di conservarli?»
La signora Leidner sorrise lievemente, e disse:
«Non fatevi sentire da Eric! I vasi antichi lo interessano più dl ogni altra cosa, e alcuni di questi sono gli oggetti più antichi che noi possediamo: risalgono forse a settemila anni fa.»
Mi spiegò ch'erano stati trovati in uno scavo profondissimo, verso il cuore del tumulo; mi raccontò che quei vasi, migliaia e migliaia di anni fa, erano stati rotti e riaggiustati col bitume, dimostrando così come il popolo tenesse allora, come ora, alla propria roba.