Subito dopo pranzo la signora Leidner andò come al solito in camera sua per un breve riposo. La sistemai a letto, col suo libro e molti cuscini dietro la schiena, e stavo per andarmene, quando lei mi richiamò. «Rimanete, signorina Leatheran. Desidero dirvi una cosa.»
Rimasi. «Chiudete la porta.»
Obbedii.
Lei si alzò dal letto e cominciò a passeggiare su e giù per la camera. Vedevo che stava riordinando i propri pensieri, che si trovava in una profonda indecisione, e non volli interromperla. Finalmente, come se avesse ormai raccolto le necessarie energie, si girò verso di me e disse:
«Sedete.»
Sedetti in silenzio e lei cominciò nervosamente:
«Certo vi sarete chiesta più volte che cosa significa tutto questo.»
Mi accontentai di chinare il capo.
«Ho deciso di dirvi... tutto. Debbo confidarmi con qualcuno, se non voglio impazzire.»
«E credo che farete bene» osservai. «Non si sa proprio che fare quando si è tenuti all'oscuro di tutto.»
Lei si fermò e mi guardò in faccia.
«Lo sapete di che cosa ho paura?»
«Di qualcuno.»
«Sì... Ma io non ho detto "di chi", ho detto di che cosa.»
Attesi. E lei proseguì:
«Ho paura di essere assassinata.»
Be', era detta. Io non mi mostrai particolarmente impressionata, rendendomi conto che la signora era vicina a una crisi nervosa. Dissi solo:
«Guarda un po'! Dunque, si tratta di questo!»