CAPITOLO 8 - Allarme notturno
E difficile decidere quel che convenga riferire della settimana che seguì il mio arrivo a Tell Yarimjah.
Ripensandoci ora che so quello che so, posso vedere mille piccoli indizi che allora mi sfuggirono completamente.
Per raccontare le cose come si deve, credo opportuno mettermi dal punto di vista di allora, in quello stato d'animo perplesso, inquieto, sempre più cosciente di qualcosa che andava male.
Di una cosa ero certa anche allora: quello strano senso di disagio non era immaginario. Persino Bill Coleman, così poco sensibile, se ne era accorto.
«Questo luogo comincia ad avvilirmi» lo udii dire. «La compagnia è sempre così allegra?»
Parlava con David Emmott. Io avevo concepito una viva simpatia per il signor Emmott. Il suo mutismo, ne sono certa, non era ostile. C'era qualcosa di fermo, di rassicurante in lui, che tornava molto gradevole in quell 'atmosfera di incertezza e di sospetto.
«No» rispose al signor Coleman. «L'anno scorso non era così.»
Ma non diede alcun chiarimento.
«Quel che non capisco, è che cosa accidente abbiamo» continuò il signor Coleman con tono irritato.
Emmott scrollò le spalle, e non rispose.
Ebbi una conversazione piuttosto chiarificatrice con la signorina
Johnson che mi piaceva sempre di più: era pratica, capace, Intelligente e nutriva una specie di adorazione per il professor Leidner.
Mi raccontò la storia della vita di lui sin dagli anni giovanili. Conosceva i luoghi, le vicende, i risultati di tutti gli scavi compiuti da lui... Direi quasi che avrebbe potuto citare a memoria le parole di ogni sua conferenza. Lo considerava il più esperto ed intelligente archeologo vivente.
«Ed è un uomo così semplice! Così lontano da ogni pompa mondana! Non conosce neppure il significato della parola presunzione. Solo un autentico grand 'uomo può esser così semplice.»
«Questo è abbastanza vero» dissi. «Un "grande" non parla della propria grandezza.»
«Ed è anche così allegro. Non saprei dirvi quanto ci divertissimo lui, Richard Carey e io — i primi anni ad essere venuti qui Eravamo una compagnia così allegra! Richard Carey ha lavorato con lui in Palestina, naturalmente... E una amicizia che data da una decina di anni... E anch'io lo conosco da sette anni.»
«E un bellissimo uomo, il signor Carey» dissi.
«Sì... credo che lo sia» assentì brevemente.
«Forse un po' ... un po' troppo quieto, no?»
«Oh, non era così, una volta!» disse in fretta la signorina Johnson. «E solo da quando...»
Si fermò di colpo.
«Solo da quando...?»
«Mah!» rispose la signorina Johnson, scrollando le spalle in un modo tutto suo. «Molte cose sono cambiate, ormai.»