La signora Leidner mi aveva raccontato la sua storia il venerdì. Il sabato mattina sentii nell'aria un senso di freddezza. La signora Leidner sembrava propensa a tenermi a distanza ed evitò accuratamente ogni occasione di tête-a-tête. Questo non mi sorprese. La cosa mi era capitata già parecchie volte. Le signore si confidano con le infermiere in uno slancio di intimità, poi si sentono impacciate di fronte a loro e vorrebbero non aver aperto bocca. Così è la natura umana.
Da parte mia mi guardai bene dal fare alcuna allusione al nostro colloquio e non parlai che di cose indifferenti.
Il signor Coleman era partito la mattina per Hassanié con la macchina, portando in un pacco la nostra corrispondenza. Aveva un paio di commissioni da eseguire, oltre alla riscossione del denaro per la paga degli operai (operazione piuttosto lunga perché occorreva procurare una discreta somma in monete di piccolo valore) e così non era atteso di ritorno che per il pomeriggio. Io sospettavo poi che lui volesse approfittare del viaggio per pranzare con la signorina Reilly.
Il lavoro agli scavi non si svolgeva intenso nel pomeriggio del giorno di paga, perché la paga veniva distribuita alle tre e mezzo.
Abdullah, il boy addetto alla lavatura dei vasi, si era piazzato come sempre in mezzo al cortile, e accompagnava il lavoro con la solita cantilena; il professor Leidner e il signor Emmott sudarono a riordinare le terraglie in attesa del ritorno del signor Coleman, e il signor Carey si recò agli scavi.
La signora Leidner era andata a riposare in camera sua e io, dopo averla sistemata come al solito, mi ritirai a mia volta portando con me un libro perché non avevo sonno.
Mancava un quarto all'una, e trascorsi due ore proprio piacevoli leggendo Morte in Casa di cura, un "giallo" assai divertente benché l'autore non dovesse esser molto pratico del funzionamento di simili istituti. Più d'una volta mi sentii tentata di scrivergli per rettificare questo o quel particolare.
Quando, giunta alla conclusione che mi sorprese non poco (neppure una volta avevo sospettato della bionda cameriera che risultava colpevole), deposi il libro e consultai l'orologio, vidi — e fu un'altra sorpresa — che mancavano venti minuti alle tre.
Mi alzai, mi lisciai l'uniforme, e uscii in cortile. Abdullah lavorava ancora cantando la sua deprimente nenia, e David Emmott in piedi vicino a lui divideva i vasi lavati, mettendo quelli rotti in certe cassettine, per esser riparati.
Mentre mi avvicinavo a loro, vidi il professor Leidner scendere dalla scala che conduceva sul tetto a terrazza.
«Non è stato un cattivo pomeriggio» disse allegramente. «Ho fatto un po' di piazza pulita lassù. Louise ne sarà lieta. Anche ultimamente si lagnava che non vi fosse spazio per muoversi. Vado a portarle la buona notizia.»