Il cadavere della signora Leidner era stato trasportato ad Hassanié per l'esame necroscopico; per il resto, nulla era stato toccato nella stanza del delitto. Il mobilio era così scarso che le ricerche della polizia si erano svolte rapidamente.
A destra della porta, entrando, c'era il letto. Di fronte, le due finestre con le sbarre che guardavano all'esterno. Fra le finestre, un semplice tavolino a due cassetti che serviva da toletta. Sul muro, a sinistra, una fila di ganci ai quali stavano appesi degli abiti protetti da sacchi di cotone, e un cassettone. Immediatamente a sinistra della porta, il lavabo. In mezzo alla camera un tavolo piuttosto grande, sul quale stavano un calamaio, un sottomano, e uno scrignetto, quello dove la signora Leidner teneva le lettere anonime. Le tendine, corte, erano di tessuto indigeno, a strisce arancione, sul pavimento di pietra erano buttate alcune pelli di capra: tre piuttosto piccole, brune chiazzate di bianco, sotto le due finestre e davanti al lavabo, e una più grande e più bella, bianca a macchie brune, fra il letto e lo scrittoio. Non vi erano armadi, o nicchie, o ampi tendaggi; nessun nascondiglio possibile, insomma. Il letto era semplicissimo, di ferro, con una coperta di cotonina stampata. Unico lusso, tre cuscini della più morbida piuma. Nessun altro della spedizione possedeva cuscini simili a quelli della signora Leidner.
In brevi parole il dottor Reilly spiegò dov'era stato trovato il corpo della signora Leidner: rannicchiato sullo scendiletto.
Per render più chiara l'esposizione, mi invitò a farmi avanti, dicendomi.
«Non vi spiacerebbe...»
Non sono un tipo troppo Impressionabile, e subito mi sistemai vicino al letto cercando di assumere per quanto possibile la posizione in cui era stato trovato il cadavere della signora Leidner.
«Leidner le ha sollevato il capo, quando l'ha vista» spiegò il dottore. «Ma (io l'ho interrogato in proposito) non ha cambiato per nulla la posizione del corpo.»
«La cosa appare chiara» disse Poirot. «La signora è a letto, che legge o dorme... Qualcuno apre la porta... lei guarda, balza in piedi.»
«... e viene abbattuta d'un colpo» continuò il dottore. «Incoscienza immediata e, poco dopo, la morte. Infatti, vedete...»
E spiegò al signor Poirot, con termini scientifici, la natura del trauma.
«Poco sangue, eh?» chiese Poirot.
«Sì. Emorragia cerebrale interna.»
«Eh bien, tutto sembra chiaro, tranne una cosa. Se l'uomo che è entrato era un estraneo, perché la signora non ha gridato chiedendo aiuto? La signorina Leatheran, Emmott, il boy l'avrebbero udita di sicuro.»
«La risposta è facile» disse Reilly. «Non era un estraneo.»
«Sì» ammise Poirot, soprappensiero. «Forse è rimasta sorpresa vedendo la persona, ma non spaventata. Poi quando lui l'ha colpita, può anche aver gridato. Ma era troppo tardi.»
«Il grido udito dalla signorina Johnson?»
«Sì, ammesso che essa abbia veramente udito un grido. Questi muri sono spessi, e le finestre erano chiuse.»
Si avvicinò al letto.
«Voi avete lasciato la signora sdraiata?» mi chiese.
Gli dissi esattamente quel che avevo fatto.
«Intendeva dormire o leggere?»