Dirò francamente che quell'idea fu un colpo, per me. Non mi era mai venuto in mente di associare la signorina Johnson con le lettere. La signora Mercado, forse; ma la signorina Johnson era una donna di classe, così piena di riserbo e di buon senso.
Ripensando, però, alla conversazione udita fra il dottor Reilly e il signor Poirot, mi dissi che forse proprio per questo... Se la signorina Johnson era l'autrice delle lettere, molte cose si spiegavano. Intendiamoci, io non pensai neppure per un momento che fosse coinvolta nel delitto, ma compresi che l'avversione per la signora Leidner avrebbe potuto farla soccombere alla tentazione di giocarle un brutto scherzo, con la speranza, forse, di indurla ad allontanarsi dalla spedizione. Poi la signora Leidner era stata assassinata e la signorina Johnson aveva provato le dolorose fitte del rimorso. Rimorso per il suo crudele gioco, e anche per il fatto che quelle lettere costituivano ora un ottimo schermo per il vero assassino. Era una donna profondamente buona, ne ero certa, ed ecco perché sentiva ora il bisogno di aggrapparsi alle mie parole di consolazione: "Quel che è successo è successo, e non c'è rimedio". E poi, quella sua osservazione: "Lei non era mai stata una donna buona".
Il problema era questo: che cosa dovevo fare? Dopo averci riflettuto a lungo, decisi di dir tutto al signor Poirot, alla prima occasione.
Lui venne a Tell Yarimjah il giorno seguente, ma io non ebbi la possibilità di parlargli a quattr'occhi. Rimanemmo soli qualche minuto e, prima che avessi raccolto le idee per dirgli ordinatamente quel che volevo, lui mi stava sussurrando all'orecchio delle istruzioni.
«Dovrò parlare con la signorina Johnson, e forse con altri in soggiorno.
La chiave della camera della signora Leidner, l'avete voi?»
«Sì.»
«Très bien. Allora andateci, chiudete la porta e gridate... Non uno strillo, un grido, capite? Voglio che esso indichi allarme, sorpresa, non folle terrore. Se poi vi udranno, inventate la scusa che preferite... una storta a un piede, o altro.»
In quel momento la signorina Johnson uscì in cortile e non potemmo dire altro.
Avevo capito abbastanza bene ciò che il signor Poirot desiderava. Non appena fu entrato con la signorina Johnson in soggiorno, mi diressi verso la camera della signora Leidner, entrai e mi chiusi la porta alle spalle.
Non posso dire di non essermi sentita un po' sciocca nello stare così in una camera vuota e nell 'urlare senza un motivo qualsiasi. E poi non sapevo quale forza dare al mio grido. Feci "Oh!" piuttosto forte, poi riprovai in tono più basso e più acuto.
Quando uscii con la mia scusa bella e pronta, mi apparve chiaro che non ce ne sarebbe stato bisogno. Poirot e la signorina Johnson stavano parlando vivacemente fra loro, ed era chiaro che il loro colloquio non aveva subito interruzioni.
"Bene" pensai. "Questo significa che o la signorina Johnson se lo era immaginato, quel grido, oppure si trattava di qualche cosa di ben diverso.'
Non volevo interromperli e sedetti sotto il portico. Le loro voci mi giungevano distinte.
«La situazione è delicata» stava dicendo Poirot. «Il professore adorava sua moglie.»
«La idolatrava!» fece la signorina Johnson.