«Credo che nella vita reale essi siano più prudenti!» osservai.
Poi, non avendo altro da fare, salii sul terrazzo.
Vi trovai la signorina Johnson, la quale però non mi udì sino a quando
non le fui vicina. Compresi subito che qualche fatto nuovo si era verificato. Stava in piedi in mezzo al terrazzo, con lo sguardo fisso davanti a sé, e una tremenda espressione sul volto... come se avesse visto qualcosa cui non potesse credere.
Ne ebbi un vero colpo. Anche due sere prima l'avevo vista sconvolta, ma in tutt'altro modo.
«Cara signorina» le dissi «che cos'è accaduto?»
Lei girò il capo e mi guardò come se non mi vedesse.
«Che c'è?» insistetti.
Fece una strana smorfia, quasi tentasse di inghiottire, e disse con voce rauca:
«1--10 visto una cosa.»
«Ma che cosa? Ditemelo... qualunque cosa si tratti. Voi siete sconvolta!»
Fece uno sforzo per ricomporsi e disse con la stessa voce rotta, affannosa:
«Ho visto come qualcuno avrebbe potuto entrare dall 'esterno senza che nessuno sospettasse nulla.»
Seguii la direzione del suo sguardo, ma non vidi nulla di speciale.
Il signor Reiter era in piedi sulla soglia dello studio fotografico e Padre Lavigny stava traversando il cortile. Nient'altro. Mi voltai perplessa e vidi i suoi occhi fissi su di me con la più strana delle espressioni.
«Non capisco proprio che cosa ci sia» dissi. «Volete spiegarmi?»
«No, non ora. Più tardi. Noi dovremmo aver visto... sì, dovremmo aver visto!»
«Se soltanto voleste dirmi...» Lei scosse la testa.
«Ci devo pensare, prima.»
E discese la scala barcollando.
Non la seguii perché evidentemente non desiderava la mia compagnia. Sedetti invece sul parapetto del terrazzo a riflettere. Ma non giunsi ad alcun risultato. C'era un solo modo per entrare nel cortile: attraverso l'arco d'ingresso. Appena fuori, potevo scorgere un boy, un cavallo e il cuoco. Nessuno sarebbe potuto passare, entrare senza esser visto. Scossi la testa molto perplessa e discesi.